Allegrini, tutto sulla Valpolicella

La grande famiglia del vino veronese riparte dai giovani Francesco, Giovanni, Matteo e Silvia e da un’impostazione molto più moderna dell’azienda e dei vini: dal Valpolicella Classico molto contemporaneo al gioioso Palazzo della Torre fino alle due etichette di Amarone, il Classico e il Classico Riserva Fieramonte, due grandi etichette italiane

Allegrini, tutto sulla Valpolicella
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Metabolizzato un movimentato cambio generazionale, la famiglia Allegrini si focalizza ancora di più sulla Valpolicella, di cui è una delle massime espressioni. L’azienda è ora in mano ai giovani: Francesco, Giovanni e Matteo, figli di Franco, e Silvia, figlia di Walter, mentre la zia Marilisa, sorella di Franco e Walter, ha dato vita a un suo gruppo, tenendosi tra l’altro le aziende toscane, Poggio al Tesoro e San Polo.

Quindi Allegrini riparte dalla terra “delle molte cantine” (questo vuol dire Valpolicella) a cui sono legati fin dal XVI secolo, quando iniziò la loro storia di viticoltori, e della cui rinascita sono stati indubbi protagonisti grazie a Giovanni Allegrini (padre di Franco, Walter e Marilisa e nonno dei quattro titolari attuali) che negli anni Sessanta dello scorso secolo intraprese un percorso di valorizzazione del territorio grazie a innovazioni in vigna e in cantina.

Oggi Allegrini contano su 150 ettari vitati in diversi corpi tutti all’interno della Valpolicella Classica e producono numerose etichette tutte da uve di proprietà. I vigneti sono lo storico Fieramonte, nel comune di Mazzurega, Valla Cavarena nello stesso comune, La Grola e La Poja nel comune di Sant’Ambrogio di Valpolicella, Marezzane nel comune di Fumane, Monte dei Galli nel comune di San Pietro in Cariano e Oasi San Giacomo a Mezzane di Sotto, dove il territorio della Valpolicella si incontra con quello del Soave. L’unico “sconfinamento” è quello nella provincia di Brescia, nel territorio di Pozzolengo, a Oasi Mantellina, dove gli Allegrini si confrontano con la denominazione Lugana, una sfida “bianchista” per una famiglia di “rossisti”.

In una recente degustazione guidata da Francesco e Silvia ho potuto assaggiare (o per meglio dire riassaggiare) alcuni dei grandi vini Allegrini. Sono partito dal Valpolicella Classico Doc 2023, un’interpretazione davvero molto contemporanea del vino “base” della Valpolicella: 70 per cento di Corvina, 30 di Rondinella, vinificazione e affinamento in acciaio, profumi freschi di frutti rossi e un sorso croccante che invita al secondo assaggio. Un vero vino quotidiano nel suo senso migliore. Poi sono passato al Palazzo della Torre 2021, un Veronese Igt che è un po’ il simbolo della famiglia Allegrini e soprattutto di Franco: si tratta di un blend di Corvina Veronese (40 per cento), Corvinone (30), Rondinella (25) e Sangiovese (5) nel quale il 70 per cento delle uve viene fermentato in acciaio mentre il restante 30 per cento subisce un lieve appassimento. Poi, dopo l’assemblaggio, il vino subisce un affinamento per dieci mesi in botti di rovere francese e poi si distende con altri due mesi di bottiglia. Il risultato è un vino rotondo e conviviale: naso di ciliegia, di erbe aromatiche, di spezie, a cui seguono note terziarie di vaniglia e cacao. In bocca è pieno e soddisfacente, e si propone come accompagnatore di piatti saporiti, che siano antipasti, primi o secondi.

E veniamo ai campioni assoluti. L’Amarone della Valpolicella Classico Docg 2020, da uve Corvina Veronese (45 per cento), Corvinone (45), Rondinella (5) e Oseleta (5) è un’interpretazione classica del grande vino veronese. Le uve subiscono una concentrazione con l’appassimento in fruttaio, poi vengono vinificate in acciaio e affinano in barrique di primo e secondo passaggio per diciotto mesi, dopo di che c’è l’assemblaggio, un ulteriore riposo per sette mesi e una lunga sosta in bottiglia per quattordici mesi. In un vino così imponente, che sfiora i 16 gradi alcolici, l’equilibrio è fondamentale e in questo caso è certamente ottenuto con un perfetto bilanciamento della potenza e della freschezza. Al naso ci sono note dapprima fruttate, poi di pepe nero, di erbe aromatiche, di frutta secca, di grafite. In bocca prevale la rotondità, e il finale è assai lungo. L’altro Amarone è il Classico Riserva Docg 2016 Fieramonte, che è ottenuto con le uve dell’omonimo vigneto a 415 metri sul livello del mare. Il blend è sempre composto da Corvina (45), Corvinone (45), Rondinella (5) e Oseleta (5), segue l’appassimento in fruttaio, la fermentazione in vasche d’acciaio, la maturazione in barrique nuove per quarantotto mesi, l’assemblaggio, il riposo per sei mesi e poi per altri dodici in bottiglia.

Un vino grandioso, dall’incedere solenne, con tutti gli elementi perfettamente integrati: al naso frutta matura e secca all’inizio e poi note terziarie ed evolute (caffè, tabacco, caramello), in bocca potenza e controllo, in un sorso teso che promette grande longevità. La 2016 è una delle migliori annate mai prodotte di questo grande vino italiano.

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