Il Catarratto lucido di Cortese, un piccolo gioiello

Azienda biologica nel territorio di Vittoria, nel Sud della Sicilia, di proprietà dei fratelli Stefano e Marina Girelli, punta tutto sulla piena espressione del territorio. La linea Nostru presenta una collezione di vitigni autoctoni tra i quali spicca per acidità e mineralità questo bianco dalla grande versatilità e dal prezzo assai conveniente

Il Catarratto lucido di Cortese, un piccolo gioiello
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Possiamo immaginare due regioni italiane più lontane, non solo geograficamente, del Trentino e della Sicilia? Eppure è stato proprio questo il viaggio che ha condotto Stefano e Marina Girelli, due fratelli trentini da sempre nel mondo del vino, a scoprire l’isola e a innamorarsene sia da un punto di vista umano sia da quello enologico. I due nel 2016 hanno rilevato nel territorio di Vittoria, nel Ragusano, l’azienda agricola Cortese dalla signora Giovanna Cortese, che l’aveva condotta fino ad allora con coraggio e ostinazione ma senza una visione moderna. I fratelli inizialmente avevano l’idea di espiantare i vigneti provati da un decennio di abbandono e di ripiantarne di nuovi, ma decisero di fare qualche lavoro di aggiustamento e vedere che cosa sarebbe successo al momento della vendemmia, risultando stupiti dal risultato: quelle vigne erano magiche e resilienti e anche se non in piena forma davano uve straordinarie.

L’azienda vive di vita propria malgrado appartenga al gruppo Santa Tresa, e ha sposato i dettami dell’agricoltura biologica, per la quale la Sicilia ha una vocazione naturale. “Biologico – spiega Stefano - significa vini con una forte identità locale, con radici profonde, complessità legata a specifici vigneti e all’ambiente naturale. Biologico consente una nuova e chiara espressione del terroir. Il biologico ci dà la possibilità di lavorare per il futuro, per creare vini che sono in perfetta armonia con la natura. Ma a Cortese siamo molto più che biologici, si tratta di una mentalità, è tutto il nostro modo di vivere”.

I vigneti Cortese sono condotti con una filosofia produttiva molto rigorosa: la selezione massale contribuisce al miglioramento delle piante, ogni angolo della terra viene lasciata libera di produrre secondo i propri ritmi e di esprimersi secondo le proprie possibilità, un po’ di sofferenza o gli eventi climatici estremi, pur provocando problemi, sono comunque occasioni di crescita e miglioramento. Inoltre non ci sono trattamenti chimici e vengono utilizzate, ove possibile, tecniche di vinificazione antiche, come la fermentazione in orci di terracotta, senza che questo voglia dire la rinuncia alla tecnologia, che viene usata – come tutto da Cortese – al preciso scopo di toccare il meno possibile il terreno, le piante e le uve e di esprimere al massimo un terroir così straordinario.

Di recente ho assaggiato un esempio lampante di questa filosofia produttiva, il Catarratto lucido della linea Nostru, un Terre Siciliane Igt biologico e vegano di ottima bevibilità. La raccolta delle uve avviene rigorosamente a mano, le uve sono oggetto di pressatura soffice, poi seguono venti giorni di fermentazione e dopo il travaso la sosta sui lieviti di cinque mesi con frequenti batonnage. Il colore è giallo paglierino con riflessi verdastri, il bouquet aromatico è piacevolmente fruttato, erbaceo e speziato. Il sorso è acido e nervoso, leggermente minerale, con un finale di mandorla e una buona persistenza. Si sposa a piatti di verdura, a frittate a torte rustiche, ad apertivi anche piuttosto corposi. Il prezzo è decisamente ragionevole, 10 euro al pubblico.

Gli altri vini della linea Nostru, quelli più territoriali e diretti, sono l’altro bianco Carricante e i rossi Frappato, Nerello Mascalese e Nero d’Avola, quest’ultimo senza solfiti aggiunti.

Alla linea Selezione appartengono invece vini più eleganti e ambiziosi: il Vanedda da uve Catarratto e Grillo, il Senia da uve Nero d’Avola che fa dodici mesi di barrique e il Sabuci, un Cerasuolo di Vittoria Doc da uve Nero d’Avola (60 per cento) e Frappato, il primo fermentato in barrique aperte e il secondo in anfore di terracotta, con una sosta sui lieviti di dodici mesi almeno. Poi il vino viene assemblato e affina per altri sei mesi in botti di vario formato.

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