Ecco il 32 migliori ristoranti italiani di sushi

Li premia con le Tre Bacchette la nuova edizione della Guida Sushi 2025 del Gambero Rosso, appena uscita, un’opera unica per raccontare la situazione della gastronomia giapponese nel nostro Paese. Vince la Lombardia e soprattutto Milano, con otto ristoranti di eccellenza. Seguono Lazio, Campania e Puglia con quattro

Ecco il 32 migliori ristoranti italiani di sushi
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Sono trentadue i ristoranti giapponesi premiati con le tre bacchette nella seconda edizione della Guida Sushi 2025 del Gambero Rosso. Un prodotto unico, che racconta le eccellenze di una delle più amate cucine straniere in Italia. Non solo un viaggio attraverso le 223 miglior insegne italiane di tutte le tipologie (sushi bar, izakaya, omakase, fine dining, fusion, take away) ma anche un manualetto per comprendere meglio una cultura gastronomica straordinariamente complessa. A introdurre la nuova edizione della guida c’è infatti un comodo glossario illustrato che aiuta i quasi esperti ma soprattutto i neofiti a capire bene come orientarsi al ristorante, come comportarsi di fronte alle portate di sushi in tavola e anche a come discernere le preparazioni di qualità. La Guida Sushi 2025 del Gambero Rosso, curata da Pina Sozio e in vendita in libreria, in edicola e online al prezzo di 9,90 euro, si può considerare la prima edizione completa di questa opera. La prima, infatti, fu un vero numero zero, concepita poco prima dello scoppio del Covid-19 e realizzata nei mesi successivi tra mille difficoltà per raccontare un panorama devastato da chiusure e incertezze. Ora invece, superata la crisi di adattamento al dopo-pandemia, la fotografia è meno mossa, anche se va detto che si tratta pur sempre di un mondo estremamente dinamico.

Nella classifica delle regioni dove si mangia il migliore sushi italiano stravince la Lombardia, con otto insegne premiate con le Tre Bacchette, tutte a Milano: Ichikawa, Iyo Omakase, Nobu Milano, Nobuya, Osaka, Shiro Poporoya, Wicky's Innovative Japanese Cuisine e Yoshinobu. E sarebbero state nove se il migliore ristorante giapponese italiano, Iyo (una stella Michelin) non fosse stato chiuso negli ultimi mesi per ristrutturazione. Ha riaperto pochi giorni fa, pronto a tornare in vetta alla prossima edizione della guida. Al secondo posto con quattro insegne ci sono tre regioni: Lazio (Hasekura, Kiko Sushi Bar, Kohaku e Sushisen tutte a Roma), Campania (Japit a Benevento, Otoro81 a Napoli, Vero Omakase Rooftop a Nola e Umi a Salerno) e Puglia (Fugur Restaurant e Fusion a Lecce, Yki Cucina Giapponese a Noci e Frank Sushi Club a Terlizzi). Quindi tre ristoranti piemontesi (Le Petit Restaurant Japonais ad Avigliana, Kensho e Wasabi a Torino), tre dell’Emilia- Romagna (Seta e Yuzuya a Bologna, Uni Restaurant a Cervia) e un ristorante ciascuno per Toscana (Moi Omakase a Prato), Marche (Tetsu ad Ascoli Piceno), Umbria (Il Vizio a Perugia), Abruzzo (Oishi Japanese Kitchen a Teramo), Sicilia (Hio Sushilab a Palermo) e Sardegna (Mizuna Japanese Restaurant a Olbia).

Ci sono poi dei premi speciali, per valorizzare alcune caratteristiche peculiari di alcuni locali. Per la migliore proposta di bere miscelato è stato premiato Moon Asian Bar di Roma, per la valorizzazione del sake, un distillato assai più complesso e vario di quanto immaginiamo, è stato riconosciuto il lavoro di Sakeya a Milano e di Hiromi Maison a Roma, come novità dell’anno è stato individuato Andrea Arcieri di Azabu10 a Milano e infine come miglior servizio di sala premio a Umi a Salerno, dimostrazione ulteriore che il Sud sta crescendo molto nella valorizzazione della cultura gastronomica giapponese.

Sono stati anche premiati i cosiddetti Maestri del sushi, coloro che hanno trascorso la loro carriera a valorizzare il sushi in Italia. Anche qui c’è tanta Milano, città che è stata sempre l’avanguardia della cucina del sol levante (e di quella “etnica” in generale).

Premio quindi a Haruo Ichikawa di Hichikawa, a Hirazawa Minoru di Poporoya e Shiro Poporoya, a Yoshinibu Kurio di Toshinobu, al grande Wicky Prayan di Wicky’s Innovative Cuisine, a Ikeda Osamu di Shiro Poporoya e a Masashi Suzuki di Iyo Omakase. C’è spazio anche per due nomi non “meneghini”: Francesco Preite di Moi Omakase di Prato, che è riuscito a fare un grande lavoro in un contesto di provincia. E Ignacio Hidemase Ito di Otoro81 a Napoli.

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