Sarà svelata domani al Teatro Pavarotti-Freni di Modena l’edizione 2025 della Guida Michelin italiana, che continua a dettare legge malgrado da più parti si metta in discussione la sua credibilità a causa della scarsa trasparenza nelle decisioni, della assenza di qualsiasi spiegazione di sentenze che fanno discutere, della ostinazione a non tenere conto del cambiamento della scena gastronomica e dell’eccellenza di tipologie ristorative come le pizzerie gourmet e le trattorie di alto livello, che i soloni francesi considerano non degne di un macaron, malgrado questo onore sia toccato in altre aree del mondo a noodle bar di Singapore e Bangkok e a localacci che fanno magnifiche anatre alla pechinese a Hong Kong. Io penso che Renato Bosco, Franco Pepe, Simone Padoin, Francesco Capece, Diego Vitagliano e Francesco Martucci tra i pizzaioli e Diego Rossi di Trippa e Paolo Gori di Da Burdi tra le osterie avrebbero le carte in regola per esporre la placca rossa. Ma io purtroppo (o per fortuna?) non sono la Michelin.
A onta di queste ombre ogni anno più lunghe la Michelin continua a dettare l’agenda della gastronomia nazionale e folle di chef pendono regolarmente dalle labbra rinsecchite della guida dei “gommisti” francesi sperando di entrare nell’empireo gastronomico oppure di migliorare il proprio status passando da una a due stelle o (audaci!) da due a tre. Quindi provo anche io ad analizzare che cosa potrebbe accadere domani a Modena. Ben sapendo che la percentuale di errore è altissima. Perché una cosa va certamente riconosciuta alla guida rossa: di saper davvero mantenere il segreto sulle loro scelte, al punto che qualcuno nell’ambiente scherzando sostiene che se la Michelin diventasse la Cia, il mondo perderebbe dei pessimi critici gastronomici ma guadagnerebbe degli ottimi 007. Ma sono malignità.
Partiamo dai tre stelle, che sono 13 con l’ingresso l’anno scorso di Atelier Moessmer di Norbert Niederkofler e di Quattro Passi a Nerano della famiglia Mellino. Visto che tredici a tavola porta sfortuna, ci si aspetta che si possa arrivare almeno a 14 e i principali candidati sembrano essere Il Pagliaccio di Anthony Genovese a Roma, ulteriormente cresciuto negli ultimi anni, il Seta by Antonio Guida al Mandarin Oriental di Milano, Andrea Aprea dell’omonimo ristorante sempre a Milano, La Rei Natura al Boscareto Resort di Serralunga d’Alba di chef Michelangelo Mammoliti e La Madonnina del Pescatore di Senigallia, del grande Moreno Cedroni. Roma, Milano e la piccola Senigallia si candidano dunque a diventare le prime località italiane a vantare due stelle Michelin, cosa mai successa nella storia settantennale del volume. Molto caldi anche Davide Oldani con il suo D’O a Cornaredo alle porte di Milano, Nino Di Costanzo con il suo Danì Maison a Ischia e Gaetano Trovato di Arnolfo a Colle Val d’Elsa. Fosse per noi andrebbero presi in considerazione per il salto più alto anche Antica Corte Reale a Cervere in Piemonte e Antica Osteria Cera a Campagna Lupia in Veneto. Difficile ipotizzare che le stelle si spingano più a Sud della Campania, le colonne d’Ercole attuali. Qualcuno si spinge a immaginare una terza stella siciliana per Duomo di Ciccio Sultano a Ragusa Ibla o per La Madia di Pino Cuttaia. Quanto alla possibilità che qualcuno dei tredici re perda la corona, appare piuttosto difficile, anche se da anni si rincorrono voci sulla possibilità del Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio scenda a due. A me dispiacerebbe.
Il salto da una stella a due è meno eclatante ma forse il vero salto di qualità per un ristorante. Le due stelle sono infatti considerate il vero livello di eccellenza assoluta. Motivo per il quale è decisamente anomalo che non vi figurino campioni come Carlo Cracco (dell’omonimo ristorante in Galleria a Milano), che al di là del suo essere un personaggio televisivo resta uno chef di enorme talento; è come Riccardo Camanini, osannato come miglior chef italiano nella classifica Fifty Best di Las Vegas, qualche mese fa, e fermo alla sola stella Michelin. E l’impressione è che proprio questi osanna internazionale non facciano bene al cuoco di Lido 84 a Gardone Riviera. Ma c’è sempre la speranza che quest’anno i giudici francesi si ravvedano raddoppiando la stella ad almeno uno dei due. Tra gli altri candidati a salire da una a due stelle, Pascucci al Porticciolo di Fiumicino (la meriterebbe davvero), Andrea Berton di Berton Milano, Andrea Antonini di Imàgo all’Hassler di Roma, Errico Recanati di Andreina a Loreto, Davide Guidara dei Tenerumi a Vulcano, Antonia Klugmann dell’Argine a Vencò di Dolegna sul Collio, Roy Caceres di Orma a Roma e il talentuosissimo Gianluca Gorini di daGorini a San Piero in Bagno in Romagna. E a mio avviso dovrebbero tornare alle due stelle anche Alessandro Negrini e Fabio Pisani del Luogo di Aimo e Nadia di Milano, che l’anno scorso sono stati ingiustamente declassati malgrado fossero nel momento di massima espressività. Ma conoscendo la Michelin difficile che tornino sui loro passi: ammetterebbero di aver sbagliato e non è da loro.
Quanto alle nuove stelle, fare pronostici è difficilissimo. Meriterebbe finalmente la stella Eugenio Boer di Bu:r a Milano, sul quale pesa da anni la fatwa emessa dalla Michelin per uno sgarbo del 2016 (Boer lasciò la guida del ristorante Essenza che aveva appena preso la stella senza avvertire prima la guida, un comportamento che spiega molto di come agisce la Michelin). Possiamo immaginare il ritorno alla stella di Don Alfonso 1890 della famiglia Iaccarino, che l’aveva persa per i lunghi lavori di ristrutturazione, Dina a Gussago di Alberto Gipponi, il Gatto Verde a Modena della brava allieva di Massimo Bottura Jessica Rosval, L’Imbuto di Cristiano Tomei, Nin dell’ultimo degli avanguardisti E’Terry Giacomello. Meriterebbe il ritorno alla stella Ettore Bocchia del Mistral di Villa Serbelloni, apparsomi in formissima in una recente visita. Tra le recenti aperture sono da stella a mio avviso Autem di Luca Natalini a Milano, il giapponese Nobuya sempre a Milano, Ineo a Roma di chef Heros De Agostinis, abba di Fabio Abbatista a Milano, Procaccini di Emin Haziri a Milano.
Probabile la stella per Palazzo Utini a Noceto, nel Parmense, ma solo per il fatto che è l’ennesimo ristorante di Enrico Bartolini, che ogni anno aggiunge qualche astro alla sua volta. Dovrebbe confermare la stella anche Casa Vissani, malgrado un evidente declino, che difficilmente la Michelin si incaricherà di rogitare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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