“Mi sono adattato a quasi tutto, ho perdonato quasi tutto. I piselli ripieni, il tacchino tonnato, l’aria di zuppa inglese, l’insalata che vaga nel bosco, ma soprattutto le schiumette e le gocce, l’abuso del sifone, la cottura sotto vuoto applicata a qualsiasi taglio di carne, al pesce, alla cacciagione. (…) Ma ormai, a giudizio di troppi cuochi, noi clienti siamo quelli lì. Quelli che vanno al ristorante per stupirsi, per intraprendere un percorso, per godesi l’ebbrezza di un’esperienza ovviamente irripetibile, per sgranare gli occhio adoranti davanti a una sogliola verticale, a una lasagna destrutturata, a un quadro di Mirò trasformato magicamente in un piatto di pasta, naturalmente con quindici diversi tipi di maccheroni, fusilli, sedanini, cotti singolarmente e poi assemblati con uno strumento che la cucina contemporanea ha nobilitato e santificato: la pinzetta”.
E’ per provare a rispondere alla fatidica domanda: come siamo arrivati a questo?, che Mauro Bassini, giornalista gastronomico di lungo corso, ha pubblicato il libro “Non c’è più gusto. Il tentato suicidio della cucina italiana”, edito da Minerva (158 pagine, 16,90 euro). Un volume che, con tono provocatorio e l’inevitabile spolverata di ironia senza la quale un testo del genere sarebbe un esangue, esplora le trasformazioni radicali della nostra tradizione gastronomica. Il titolo non è casuale: cita un libro di un grande maestro del giornalismo gastronomico, lo scomparso Gianni Mura, che una decina di anni fa firmò “Non c’è gusto” per insegnare al lettore a diventare “guida di se stesso”. In questo caso invece si tratta di una riflessione sugli ultimi decenni di cucina e critica gastronomica italiana, su “come l’eccesso di creatività e la ricerca spasmodica di stupire il cliente abbiano snaturato l’essenza stessa dei piatti tradizionali”. Insomma, una sbornia collettiva “che ha prodotto qualche grande chef e una marea di modesti e velleitari imitatori”.
Il libro si apre con un’intervista esclusiva a Edoardo Raspelli, noto giornalista e critico gastronomico, che condivide le sue riflessioni su una cucina ormai “bella senz’anima”. “Nei menu i piatti sembrano film di Lina Wertmuller. Accetto anche i nomi di fantasia, se poi arriva un buon piatto. Non succede spesso”, dice Raspelli nel colloquio. Nei capitoli successivi Bassini affronta tutti gli aspetti di questa trasformazione, dalla rivoluzione tecnica di suggestioni escogitata da un ex lavapiatti catalano, Ferran Adrià, a come essa si è innestata sulla cucina italiana moderna, che cinquant’anni fa vantava una “generazione di fenomeni” (Nino Bergese, Valentino Marcattilii, Nadia Santini, Gianfranco Vissani e tanti altri) e che poi si è trasformata in un esercito di sudditi delle mode più o meno giovani. Un capitolo è dedicato anche alle responsabilità della critica gastronomica con i suoi conflitti di interesse, con la scomparsa della stroncatura, con un approccio frivolo e incompetente, con gli eccessi degli influencer e dei food blogger. Qualche colpo è tirato anche alle scuole professionali non sempre utili a valorizzare i giovani che spesso vengono illusi e ingannati dalla spettacolarizzazione televisiva del mestiere di cuoco. Alla fine però c’è uno spiraglio di speranza, affidato al capitolo “La ripartenza difficile. Ricominciamo dalla terra”, che indica la possibile strada della salvezza nella riscoperta del legame con le origini, intese in senso agricolo e culturale, senza che questo significhi obliterare finte trattorie metropolitane con conti quasi da stellato.
Insomma, il libro è un tributo alla cucina autentica e un appello al ritorno ai sapori veri. I temi sono affrontati tutti in modo intelligente e competente, dall’alto di una lunga esperienza, Bassini del resto è stato capocronista, caporedattore centrale, vicedirettore del gruppo “QN-il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno”.
Rimprovero solo a Bassini di non aver accennato, nel capitolo sulla critica gastronomica, al fatto che gli editori non rimborsano più i pasti ai critici, come avveniva in epoche di vacche grasse per il settore, ciò che spinge i colleghi ad arrangiarsi, ciò che favorisce la connivenza con gli chef e i ristoratori. Insomma, il colpevole maggiore, in questo caso, è stato assolto, o meglio nemmeno indagato. Ma per il resto il volume è davvero fondamentale per recarsi a mangiare fuori con un approccio più consapevole.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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