Vania vince l’ORO della laguna

La “cheffe” Ghedini da qualche mese è alla guida del ristorante stellato dell'hotel Cipriani Belmond, sull’isola della Giudecca, di fronte a Venezia. Voluta fortemente dal consulente Massimo Bottura, che la riportata in Italia dopo anni a Marrakech, propone una cucina territoriale ricca di ingredienti locali ma con ispirazioni che arrivano dalle origini ferraresi e dal Marocco

Vania vince l’ORO della laguna

Venezia è bella e ci mangerei. La città lagunare ha mostrato negli ultimi anni una straordinaria capacità di reinventarsi gastronomicamente al di là dei cliché che la vogliono preda soltanto di locali acchiappaturisti cari e scadenti. Oggi invece la città è ricca di tavole interessanti, spesso all’interno dei magnifici hotel della città. Uno di questi è certamente ORO all'hotel Cipriani, a Belmond Hotel, che si trova sull’isola della Giudecca, a soli cinque minuti di barca da piazza San Marco, che sta lì davanti, vicina che sembra di poterla toccare ma lontana abbastanza da trasformare questo magnifico albergo – nato nel 1958 e dal 1976 di proprietà della Belmond, che proprio qui iniziò la sua storia, e che oggi conta su 79 tra camere e suite - in un’oasi felice.

Oro, Massimo Bottura

La ristorazione, appunto. All'hotel Cipriani ci sono vari outlet: il tradizionale Cip’s Club, l’informale Il Porticciolo, il bar Gabbiano e poi il ristorante stellato ORO, che naturalmente propone un’idea di cucina più avanzata, pur in un clima decisamente accogliente. In cucina c’è Vania Ghedini, classe 1987, ferrarese, ex nuotatrice agonistica, apparentemente placida ma alla prova dei fatti grintosa e audace, che mette in pratica con profitto e un tocco decisamente personale il magistero di Massimo Bottura, che del ristorante è rispettoso consulente. Cresciuta nel panificio dei nonni nella città estense, Vania ha trascorsi al Rigoletto di Reggiolo, poi in Francia, poi all’Expo milanese, e quindi al servizio degli Alajmo in diversi dei ristoranti della famiglia padovana, compresi Le Calandre a Rubano (tristellato) e il Gran Caffè Quadri al centro di Venezia. In mezzo anche tre anni di docenza all’Alma, nel corso del quali per le mani di Vania sono passati molti chef poi diventati famosi e bravi. Poi l’esperienza che la definisce come chef, quella al Sesamo del Royal Mansour di Marrakech, uno dei migliori hotel del mondo. Qui Ghedini mette a punto un concetto di cucina cosmopolita e giocoso, al contempo rispettoso delle regole e di queste un po’ profanatore. Un’esperienza che ora mette a frutto alla Giudecca, dove le sue ispirazioni maghrebine sono decisamente evidenti.

Quindi Ferrara, Venezia, Italia, Marocco, mondo. Sono questi gli indirizzi fermo posta ai quali potete trovare Vania, che combatte per mantenere quella stella conquistata dai suoi predecessori qualche anni fa e che francamente ci appare più che meritata. Gli ingredienti sono soprattutto quelli della laguna, il pesce locale, umile e nobile al contempo, le verdure dell’isola orto di Sant’Erasmo, qualche spezia messa in valigia quando dal Marocco ha fatto ritorno in Italia. Un ritorno improvviso e coraggioso. Quando Bottura, che la stimava ma con cui non aveva mai lavorato, l’ha chiamata per l’avventura veneziana Vania era in Marocco e all’ottavo mese di gravidanza. Il trasloco è stato precipitoso e non facile: cani, gatti, il pancione, la nostalgia per la splendida Marrakech. Racconta Vania di quel giorno in cui il grande chef modenese la convocò per metterla alla prova e la spinse a cucinare un intero menu per lui, e del di lui crescente entusiasmo. Sembra di vederla, la scena. Ma alla fine ora Vania appare felice e consapevole, profondamente italiana.

Il menu degustazione costa 250 euro e riassume al meglio l’idea di cucina di Vania (e di Massimo Bottura), una cucina coraggiosa che rovescia molti canoni ma senza insurrezioni ideologiche, così, per divertimento e denso della scoperta, e che punta sul sapore e sul go godimento, senza troppi enigmi, all’insegna di quel concetto di semplicità complessa che è un po’ la chiave di tutto, qui all'hotel Cipriani Belmond.

Tra i piatti che io ho assaggiato in un percorso di rara coerenza ed espressività, spiccano l’Ostrica con zabaione al guanciale e nero di seppia, una trionfale esplorazione attraverso gusti differenti che si succedono e trasformano il piatto in una continua sorpresa. I Tortelli ai frutti di mare, dalla forma di petali di rosa a imitare un dolce marocchino, la Chebakia, sono un inno alla ricchezza del mare Adriatico: cozze, granchio blu, gamberetti. Un piatto di memorie antiche e di memorie più recenti dall’autobiografia della cheffe. Quindi il Mechoui di astice, salsa di cozze e profumo di Oriente, la Melanzana, melanzana, melanzana (inutile chiedere quale sia l’ingrediente principale), gli Asparagi bianchi e verdi con caviale e arachidi, il Pasticcio ferrarese che costituisce l’omaggio alle origini di Vania, i Bigoli in salsa, il notevolissimo Rombo alla mugnaia con piselli e chips di polenta. Si conclude con un Tiramisù superclassico ma che trova un twist nel riso nero croccante e salato e con Latte 1, un dessert concepito in onore del figlio di Vania, con biscotti allo zafferano cotti al vapore, la crema amlou (mandorle, olio di argan e miele), datteri e fiori d’arancio. Il Marocco qui la fa da padrone.

Una serata magnifica, con le affettuose cure del restaurant manager Valerio Vita e del sommelier Giuseppe

Montemurro, che guida una cantina decisamente interessante. Il ristorante è aperto a tutti, ospiti dell’hotel e clienti esterni, per cinque sere a settimana, dal martedì al sabato. Insomma, la Giudecca è bella e ci mangerei.

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