Verbano, fascino e passione

Il ristorante del piccolo albergo di charme sull’Isola dei Pescatori, una delle tre Borromee sul lago Maggiore, è condotto da Marco Sacco, chef del bistellato Piccolo Lago di Mergozzo, che ha voluto alzare il livello senza perdere di autenticità. Quattro menu, uno dei quali dedicato al pesce di acqua dolce, con piatti semplici ma ben fatti che fanno innamorare. Complice anche una vista incantevole

Verbano, fascino e passione
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Marco Sacco ha quasi sessant’anni (li fa tra qualche mese e mi perdonerà se ho anticipato la cifra tonda) ma ha l’energia di un ragazzino. Guida un gruppo ristorativo complesso – il Piccolo Lago a Mergozzo, Piano 35 a Torino e il Verbano sull’isola dei Pescatori – con un metodo che unisce passione e algoritmi e il suo sogno è, tra qualche anno, lasciare gradualmente le redini del sistema ai figli e ai suoi collaboratori e andarsene in giro per il mondo con un mezzo metà casa e metà cucina per spignattare per tre continenti (per quello che lo conosco, lo farà di certo). Ho trascorso due giorni nelle sue terre: ho mangiato al Piccolo Lago, il bistellato di cui vi racconterò tra qualche giorno, e la sera dopo al Verbano, di cui vi voglio raccontare oggi.

Il Verbano è il ristorante di un piccolo hotel di charme sull’isola dei Pescatori, la più piccola delle tre isole Borromee che si annidano sul lago Maggiore, davanti a Stresa, che la famiglia Sacco ha rilevato con l’idea di trasformarlo in un luogo di ospitalità semplice ma elegante. In realtà non ho mai visto un albergo tre stelle così spartano eppure così raffinato: le camere non hanno nemmeno la tv, perché lo spettacolo è stare sul piccolo balcone ad ammirare l’Isola Bella, le barchine che passano silenziose e il Mottarone lì in fondo.

Il Verbano, il cui chef resident è Mauro Pesca, va alla grande: in stagione fa circa duecento coperti al giorno, tre quarti a pranzo con una proposta un po’ più svelta, una cinquantina la sera con la scelta tra quattro menu a tema: il Gente di Lago dedicato ai sapori di acqua dolce (110 euro sei portate, 85 quattro portate), In Piemonte che è una rassegna di classici regionali (110 e 85), Giro d’Italia che omaggia la cucina mediterranea (130 e 90) e Né Carne né Pesce che è la proposta vegetale (110 e 80). Chiunque può però farsi il suo percorso scegliendo i piatti che vuole tra i 24 delle quattro liste, ciascuno dei quali è prezzato a parte. Tutto all’insegna della elasticità.

Io mi sono costruito un itinerario che ha fatto base sul Gente di Lago ma ha conosciuto qualche evasione: sono partito dalla Trota affumicata al faggio e ginepro con crema di caprino, gel di aceto e mirtilli (piatto ottimamente realizzato), poi ho fatto un bagno al mare con il Polpo con burrata sfilacciata , bagnetto giallo, gazpacho verde e salsa alla puttanesca (valeva la pena), quindi mi sono concesso un Riso al ragù di lago con tre salse al prezzemolo, al pomodoro e all’aglio (qui forse ci sarebbe stato bene un minuto in meno di cottura). Notevolissimo e gaudente il Tagliolino all’uovo, ragù di funghi, salsiccia di Bra, polvere di funghi e santoreggia e crema di robiola. Così come il Fritto della gente di lago con salsa aioli, che rappresenta sempre uno dei modi migliori per mangiare il pesce d’acqua dolce. Infine il Trancio di storione, uova di trota e salmerino, crema ai tre colori di zucchine e caviale (promosso anch’esso) e per finire la Torta di limone del Verbano, che rappresenta l’interpretazione di chef Sacco di un dolce che è il simbolo dell’isola.

Un percorso coerente e davvero piacevole, che si colloca in quella terra fertilissima in cui i codici del fine dining sono utilizzati il minimo indispensabile per rendere l’esperienza impeccabile, ma il resto del lavoro è fatto fare ai sapori pieni, a qualche piatto che gioca più sulla passionalità che sul pensiero, e poi, certo, al panorama, a un servizio caldo e che ti spinge a tirar tardi. Io ho avuto la fortuna di essere curato da Simone, figlio di Marco, con cui ho scambiato qualche piacevole chiacchiera.

L’atmosfera è quella di un giardino allestito per una festa di paese. La carta dei vini non è sterminata (non ce ne sarebbe bisogno) ma adeguata. E insomma, a fine serata avevo ben chiare le ragioni del successo di questo posto. La vita, a volte, è davvero una faccenda semplice.

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