«Mi piace l'estate quando le ragazze vanno per strada in sottoveste» scrisse una volta Dino Risi, che dal Sorpasso a L'ombrellone ha filmato quella stagione come pochi: «Quando le bruttine diventano carine e la carine diventano belle». Mauro Zanon riprende quell'immagine per applicarla a Brigitte Bardot, che «di tutte le ragazze era la più bella», e a una nazione quale l'Italia, che di bellezza ne ha avuto in eredità così tanta da averne perso il conto. «Bella come un'estate italiana» era insomma B.B. e mai definizione è stata più felice (Mauro Zanon, Brigitte Bardot. Un'estate italiana, Gog Edizioni, prefazione di Giampiero Mughini, bozzetti di Milo Manara, pagg. 157, euro 20).
«Ah! Comme j'aime l'Italie» è una frase che la Bardot ha ripetuto spesso. Era stato un parrucchiere di Cinecittà a farla diventare bionda, era stato un locale capitolino, l'Hostaria dell'Orso, dove lei si era scatenata a ballare, a dare a Roger Vadim, allora suo marito, l'idea di Et Dieu... créa la femme, era stata Roma a farla recitare, ancora semisconosciuta, accanto a Vittorio De Sica e a Gloria Swanson, era stata Capri a immortalarla come una divinità pagana nel Disprezzo di Jean-Luc Godard, «la dea di cui aveva bisogno un'epoca priva di dèi» come avrebbe riassunto da par suo Jean Cocteau.
E ancora, è nell'abbazia di San Galgano, in Toscana, che si chiude Il riposo del guerriero, di Robert Hossein, è nel silenzio della notte di Spoleto che si consuma il dramma di Vite private, di Louis Malle, è alla Mostra del cinema di Venezia che manda in tilt i fotografi quando accompagna in laguna La ragazza del peccato, quella Venezia che la faceva pensare a sé stessa, «bellezza incompresa e infangata»... Era italiana Dada, la sua bambinaia, quella che le aveva insegnato l'italiano prima del francese, sarà un italiano il suo ammiratore più sfrenato, un poeta veronese che finirà in galera (...)
(...) per i suoi eccessi d'ammirazione, sono stati italiani due suoi grandi amori, il cerebrale quanto fisico Raf Vallone, l'allegro quanto carnale Gigi Rizzi, a cui dovrà l'estate più spensierata della sua vita...
In un libro agile e ben costruito, Mauro Zanon mette insieme tanti tasselli che fanno un mosaico tricolore dove il bianco, il rosso e il verde soppiantano il bianco, rosso e blu dello stendardo francese. C'è la macchina per scrivere Olivetti, disegnata da Sottsass, di cui lei si serve nel film Les femmes, c'è il motoscafo Riva con cui faceva sci nautico nella baia di Saint-Tropez, c'è il bianco e nero degli scatti di Giancolombo in quel di Cortina d'Ampezzo, farfalla sui pattini, giocatrice di curling...
Se Il riposo del guerriero, il libro che aveva fatto «arrossire la moglie del generale De Gaulle», aveva nella copertina dell'edizione Longanesi un'immagine del film omonimo, una BB seminuda e ripresa di spalle, il lancio pubblicitario di Piace a troppi, come da noi venne pudicamente tradotto Et Dieu... créa la femme, recitava: «L'attrice che ha fatto arrossire il Papa». Del resto all'Esposizione universale di Bruxelles del 1958, il padiglione del Vaticano, nella sala dedicata al Male, aveva messo proprio una foto di quel film, B.B. intenta a ballare il mambo... Come commenterà la diretta interessata: «Dio creò la donna e la religione la demonizzò».
Brigitte Bardot. Un'estate italiana si avvale anche di due contributi d'autore. Il primo sono i bozzetti di Milo Manara, venticinque acquerelli da lui realizzati per una raccolta fondi della Fondation Bardot per la protezione degli animali. Fanno il paio con la statua sempre da lui disegnata che oggi troneggia in place Blanqui, nel cuore di Saint-Tropez, una conchiglia come basamento da cui emerge nuda come la Venere del Botticelli. Nel ricordo dello stesso Manara, la sua «decisione di fare fumetti» nasce proprio «dalla scoperta di un fumetto per adulti francese: Barbarella, di Jean Claude Forest. L'eroina disegnata da Forest era Brigitte Bardot. E io, venendo da Barbarella, non potevo non avere lei come punto di riferimento per le mie protagoniste femminili».
Il secondo contributo è la prefazione di Giampiero Mughini, a cui si deve quel libro cult per tutti i «bardolatri» d'Italia che si intitola E la donna creò l'uomo, uscito ormai quindici anni fa. Tra il prefatore e l'autore del libro passano all'incirca quarant'anni e quindi nel cambio di epoche e generazioni il perché di un mito si colora di nuove e diverse suggestioni. Per Mughini si trattava in pratica della scoperta «della femminilità moderna», di quanto fosse «rovente» e di come ne sarebbe da allora in poi scaturita «tra uomini e donne una contesa in cui sarebbero stati sovrabbondanti tanto i supplizi che le delizie e ammesso che nella materia suddetta si possa distinguere tra supplizi e delizie».
Vale la pena di aggiungere che c'è nella Bardot un elemento estraneo alla «laicità» della lettura di Mughini, che si muove sulle tracce di Simone de Beauvoir, le sabbie mobili del «secondo sesso», della liberazione sessuale, del femminismo e che ha a che fare con quella strada maestra che dalle memorie di Casanova ai racconti di Barbey d'Aurevilly e di Balzac alle novelle di Paul Morand è punteggiata di archetipi brigideschi, ninfe silvane, ninfe marine in un mondo che già non è più in grado di riconoscerle, apparizioni che rimandano agli albori della classicità, quando a dominare era l'emozione, non la ragione. Lo scandalo e il fascino della Bardot non derivano dall'avere consapevolmente infranto dei tabu, quanto dalla naturalezza con cui li infrangeva, perché non le riguardavano, non erano un suo problema. B.B. è una divinità pagana, è il ritorno-irruzione della paganità nel mondo giudeo-cristiano desacralizzato dove la forma cattolica ha preso il posto della sostanza e dove la civiltà industriale democratica ed egualitaria ha fatto, appunto, delle diseguaglianze un tabù.
Resta da chiedersi, in quanto non svelato il perché della passione di Zanon, uno che comunque ha deciso di vivere e lavorare in Francia, è il corrispondente del Foglio da Parigi, dopo avere visto Baci rubati di Truffaut...
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