Camorra sound Quelli che a Napoli le cantano ai boss (e quelli che no)

S ul legame tra universo neomelodico e «sistema» camorristico si è scritto e si è detto molto. Ma è appena stato pubblicato un libro che segue il filo storico del suono criminale napoletano, dalla sceneggiata a oggi. Finalmente uno sguardo lucido su un insieme molto ambiguo. Camorra Sound (Magenes, pagg. 189, euro 12) è stato scritto da Daniele Sanzone, cantante degli A 67, gruppo di Scampia visceralmente anticamorra. Sanzone ha dedicato a questo libro tre anni di lavoro, e tra l'altro ha intervistato molti protagonisti della musica e dello spettacolo, d'avanguardia e no, da Edoardo Bennato a Caparezza, da Teresa De Sio a Dario Fo, da Giancarlo De Cataldo a Frankie Hi-Nrg. La domanda ricorrente del libro è: perché i protagonisti della musica (e dell'arte) napoletana si sono occupati, tutto sommato, così poco di camorra? E perché invece l'immaginario «malandrino» è una costante?

Una prima sorpresa potrebbe essere questa. I gruppi dell'onda politicizzata degli anni 70, come del resto quelli della cosiddetta «rinascita bassoliniana» degli anni 90 si sono occupati pochissimo di criminalità. Anzi, quasi per niente. «Negli anni 70» scrive Sanzone «nella musica napoletana impegnata prevale una visione giustificazionistica della camorra». E ancora: «Sembrava che i disoccupati, i militanti, e i cosiddetti “devianti”, con armi diverse, combattessero lo stesso nemico: lo Stato». E fino a qui siamo in pieno abbaglio ideologico. Ma anche dopo, quando tra il 90 e il 91 in Campania si contano 440 omicidi, la musica «impegnata» napoletana «sembra vivere in un'altra realtà». E sì che non siamo più nell'epoca di guapparia, contrabbando di sigarette, litigi d'amore e onore decisi al coltello, ma di fatti criminali ben più pesanti. E se non si può chiedere né a un cittadino comune né a un artista di fare l'eroe (a riguardo molto indicativa la risposta di Raiz, cantante degli Almamegretta, secondo cui la musica impegnata non si è schierata contro la camorra perché «tenimmo paura!») ci si può interrogare su quei gruppi che, a partire dalla metà degli anni Zero, hanno cominciato a parlare davvero di camorra e di «sistema». Come appunto gli A 67 di Sanzone, o come i Co Sang, duo di rapper funambolico, o come Kosanost, Fuossera, Fabio Farti.

Artisti che in molti casi hanno anticipato il successo mondiale di Gomorra di Roberto Saviano, rischiando parecchio. Anche perché provengono dai quartieri di cui parlano nei loro brani. Tanto per ricordarsi che Napoli non è fatta solo di neomelodici che gorgheggiano di stereotipi feroci con tanto sentimento.

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