A settant'anni dalla morte, «il più grande statista del secolo» ( copyright Gianfranco Fini) sembra emergere anche come il più prolifico scrittore del '900: oltre ai 45 volumi della sua Opera Omnia , di Benito Mussolini vanno conteggiati i carteggi con Churchill e numerosi diari (veri o presunti) che periodicamente vengono scoperti, compresi quelli riportati dal numero di Storia In Rete oggi in edicola. Il direttore Fabio Andriola spiega di cosa si tratta.
Che origine ha il Diario del Duce pubblicato dal mensile da Lei diretto?
«Appartiene a un collezionista svizzero che l'ha acquistato anni fa da un venditore italiano che non ha nulla a che vedere - mi assicurano - con la persona che vendette altre presunte agende mussoliniane a Marcello Dell'Utri. Probabilmente, proviene dalla diaspora di documenti in possesso della famiglia Panvini cui, pare, vennero affidati dal ministro degli interni della RSI, Paolo Zerbino, poi fucilato a Dongo. Il punto è stabilire se si tratta di un documento originale o di un falso. E, in questo secondo caso, di che tipo di falso: un documento completamente inventato oppure una copia più o meno fedele di un originale?».
Perché il Diario è plausibile?
«Dando per scontato che difficilmente si potrà arrivare a una prova certa in un senso o nell'altro (la storia delle perizie sui Diari è lunga e contraddittoria sia per le perizie tecniche che per quelle che puntano all'analisi interna del testo) ci sono, a mio avviso, alcuni elementi che dovrebbero far riflettere. Uno su tutti: sappiamo che i Panvini fecero fare delle agende degli anni '30 dove poi trascrivere - così dissero fino alla fine - i diari autentici che avevano avuto in custodia. Bene, non solo far fare quelle agende con le precise caratteristiche richieste era costosissimo, ma sarebbe stato inutile fare più copie della stessa annata, visto che per anni si cercò di vendere i diari a vari editori, italiani e stranieri. Che senso poteva avere l'offrire a due diversi acquirenti lo stesso anno? Eppure, per la prima volta nella storia dei Diari di Mussolini, ci troviamo, ora, davanti a due copie dello stesso anno, il 1942: una copia, completa a eccezione delle prime 16 giornate di gennaio, che è quella di cui parla Storia In Rete ; e un'altra, di cui abbiamo una dozzina di fotocopie di altrettanti giorni e un testo dattiloscritto. In questo secondo caso, si tratta di materiale offerto in vendita a un quotidiano inglese nel '67 e di probabile provenienza panviniana. Ora, la sorpresa sta nel fatto che, mentre la grafia è evidentemente diversa, i testi coincidono con una particolarità: il testo del diario inedito è più lungo, quello proposto nel '67 è più corto. In pratica il “falsario” non potendo dare alla scrittura la stessa cadenza dell'originale che evidentemente stava copiando, arrivato a fondo pagina e non avendo più spazio per le ultime frasi semplicemente non le trascriveva...».
Che c'è di nuovo nel Diario del '42?
«Più che di novità parlerei di conferme: troviamo un Mussolini sempre più insofferente dei tedeschi, tutt'altro che ottimista sulle sorti della guerra, diffidente verso i suoi, a cominciare da Ciano, ma con un vero e proprio astio per Hitler. È un dittatore ripiegato su stesso che, la notte del 31 dicembre scrive, sottolineandolo: “Ora sotto di me si è aperto il precipizio”».
Cosa differenzia questo Diario dagli altri già pubblicati?
«Dietro questo Diario non ci sono intenti speculativi. Inoltre, a quanto mi risulta, per nessun'altra annata di un diario mussoliniano era mai stata fatta una comparazione su svariate pagine con un'altra copia sicuramente apocrifa. Ed è nelle differenze che indicavo prima che potrebbe esserci quell'errore fatale, “la prova delle prove” che lo stesso De Felice indicava nell'errore del falsario. Un falsario che potrebbe aver avuto di fronte un originale da copiare ma che non sapeva riprodurre fedelmente al 100%, come evidenzia il raffronto tra le due versioni che pubblichiamo. E questo potrebbe portare a riconsiderare anche il materiale pubblicato negli anni passati. Infatti, fra tante teorie abbastanza assurde che si sono accavallate negli anni (dal Mussolini che avrebbe copiato se stesso alla famigliola di Vercelli che si sarebbe scoperta capace di creare ex novo intere annate di diari mussoliniani solo con l'aiuto della biblioteca locale) perché non accettare, almeno come ipotesi, che davvero si provò a copiare qualcosa di già esistente? Da una lettera a un'amica scritta da Amalia Panvini nel '57 emerge lo stupore che la donna aveva provato nel possedere “una cosa di cui nessun altro può pensare di avere il possesso. Di avere una ricchezza che potrebbe sconvolgere la mente a tanti...”. Parole che c'entrano poco con una fredda ed enorme operazione di falsificazione studiata a tavolino».
Perché il Diario è stato nascosto fino ad adesso?
«Ci sono varie ragioni. Una è sicuramente che è in mano a un collezionista e non a uno speculatore, per cui non c'era tutta questa esigenza di pubblicizzarlo.
Poi, il riserbo e la scarsa volontà di essere triturato dalla macchina mediatica: la gestione dell'operazione Dell'Utri non è stata particolarmente saggia e ha finito per gettare, oggettivamente, ulteriore discredito e scetticismo su una vicenda che già aveva inanellato diverse “cadute” dagli anni '50. Ma la cosa più curiosa è che, a differenza di altre carte mussoliniane, nessuno contesta che i diari di Mussolini ci siano stati realmente...».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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