Ecco perché una stella che pulsa parla la lingua del tuo cervello

Le risposte a voi lettori dopo l'articolo sul Paziente Epilettico Virtuale: così la "teoria delle biforcazioni" è usata per descrivere moltissimi fenomeni

Ecco perché una stella che pulsa parla la lingua del tuo cervello

Per semplificare potremmo dire che l'Universo può parlare lo stesso linguaggio di un cervello. O meglio, che alcune domande sul cosmo e sull'organo più misterioso del corpo umano possono essere affrontate in maniera molto simile. C'è un motivo se Spazio Curvo la scorsa settimana si è dedicata non alle particelle, ai buchi neri o alla velocità della luce, ma a come la fisica influisca su uno degli aspetti più dolorosi della vita dell’uomo: la malattia. E per quanto qualcuno di voi abbia sostenuto il nostro essere andati "fuori tema", proviamo a spiegarvi perché non è così.

Intanto bisogna sfatare un "mito": la fisica non si occupa solo di Universo e particelle. Certo, sono argomenti fondamentali. Forse quelli che più facilmente affascinano: la curvatura dello spazio tempo, l'espansione del cosmo, l'infinito, il bosone di Higgs. Ma in realtà la fisica studia tutti i fenomeni naturali quantificabili e misurabili. E lo fa producendo, con il linguaggio della matematica, dei modelli che tengono conto dei dati sperimentali e che possono essere usati per fare nuove previsioni. Questo è il cuore e lo scopo ultimo della fisica. Quali siano questi fenomeni quantificabili e misurabili, e che quindi possono essere oggetto di studio della fisica, dipende molto dalle conoscenze e delle tecnologie disponibili in grado di fornirci dati. Prima dell'invenzione del cannocchiale, le galassie non erano studio della fisica perché non eravamo in grado di vederle. Negli ultimi decenni, l'impennata dello sviluppo tecnologico ha trascinato molti nuovi affascinanti fenomeni nel campo applicabile della fisica: oggi gli istituti di fisica teorica, per esempio, si occupano di epidemiologia, meteorologia, neuroscienze teoriche e via dicendo.

Tra questi, come vi abbiamo raccontato sette giorni fa (leggi qui l'articolo), c’è l'Epilessia. In questo campo, la possibilità di tralasciare la parte cognitiva e concentrarsi sulla propagazione del segnale elettrico nel cervello a larga scala rende la modellizzazione dell'epilessia perfetta per l'applicazione dei metodi della fisica. Tanto che ha portato al primo strumento al mondo sotto trial clinico per le neuroscienze teoriche: il paziente epilettico virtuale. Come detto nell’articolo, il modello matematico utilizzato per simulare l’evoluzione delle crisi si basa sulla cosiddetta "teoria delle biforcazioni". La stessa teoria matematica è usata per descrivere moltissimi fenomeni, tra cui la fluidodinamica dei plasmi, lo stato della materia di cui sono fatte, per esempio, le stelle! In generale, le biforcazioni si usano per descrivere cambi repentini nel comportamento qualitativo di un sistema che avvengono per piccolissime variazioni delle condizioni esterne. Questo avviene perché il sistema si trova vicino ad un'instabilità: è come quando il ghiaccio si scioglie a zero gradi diventando acqua e rimane nel nuovo stato anche se si aumenta la temperatura di quasi cento gradi, per poi, per una piccolissima variazione di temperatura, cambiare di nuovo stato e diventare gassoso (cioè vapore). Allo stesso modo, fenomeni diversi come una corda che si spezza sotto un carico eccessivo, il diffondersi di una malattia che all'improvviso diventa un'epidemia, o l'insorgere di oscillazioni in un sistema che prima era in 'quiete' (come quando una stella inizia a pulsare o una crisi epilettica si scatena), possono essere tutti descritti con il linguaggio della teoria delle biforcazioni.

A cosa si può applicare il Paziente Virtuale?

Il Paziente Epilettico Virtuale (leggi qui per tutti i dettagli) è l'applicazione sofisticata di un progetto più generale chiamato Il Cervello Virtuale (The Virtual Brain), fondato da Jirsa in collaborazione con Randy McIntosh dell'Università di Toronto. I ricercatori stanno testando la possibilità di applicare questo approccio ad altri disturbi del cervello, come l'ictus, il tumore e l'Alzheimer, e sono già apparsi numerosi articoli su riviste scientifiche.

Perché non è stato testato sugli animali?

Per provare i benefici di questo strumento non è stato necessario testare il Paziente Epilettico Virtuale sugli animali. Questo perché i ricercatori hanno avuto la possibilità di testare il metodo in maniera retrospettiva su un gran numero di pazienti operati per i quali erano disponibili i dati necessari (anatomici, morfologici, funzionali, clinici…) sia precedenti che posteriori all'intervento. In pratica, sono stati usati i dati precedenti all'operazione per costruire l'avatar del cervello del paziente e predire la strategia chirurgica migliore. È stata poi paragonata la strategia proposta dal cervello virtuale con la resezione realmente effettuata dai medici. Si è visto che un buon accordo tra le due era legato a buoni risultati postoperatori, in termine di eliminazione o riduzione delle crisi. Al contrario, forti discrepanze erano legate al fallimento dell'intervento.

Per quanto riguarda i rischi, nessun paziente verrà operato sulla base esclusiva dei risultati del Paziente Epilettivo Virtuale che, invece, saranno a disposizione dell’equipe medica come ulteriore elemento nella valutazione del paziente.

In particolare, risultati delle simulazioni in disaccordo con la strategia pensata dai medici serviranno come campanello di allarme per rivalutare il paziente ed effettuare ulteriori indagini pre-operatorie.

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