Difficile ripetere un grande successo. Eppure a qualcuno riesce. Uno degli esempi più brillanti è quello di Chiara Franchi, co-founder di HCE Luxury, la prima realtà che applica metodi neuroscientifici al mondo del lusso, e autrice del best seller Funziona solo se brilli. È appena uscito il suo secondo libro Fattore & (Mondadori), che attraverso un profondo lavoro, fatto prima di tutto su se stessa, riesce a scardinare importanti credo che spesso diventano prigioni per le persone. Per orientarci nel mondo abbiamo spesso bisogno di dividerlo in categorie: "Sei buona o cattiva? Impulsiva o razionale? Scegli la famiglia o la carriera?" Eppure, tutte queste "o" non fanno che imporre al nostro cervello una scelta limitante per la nostra vita. E se provassimo a liberarci di alcune e a sostituirle con qualche "e"? È quello che abbiamo chiesto proprio a Chiara Franchi nella nostra intervista.
Nonostante questo suo nuovo libro sia completamente diverso dal precedente, in qualche modo si nota quasi la continuazione di un suo discorso
“Sicuramente in questi due anni ho tratto tantissimi insegnamenti da quelli che sono stati i feedback delle mie lettrici, che mi hanno dato tantissime informazioni, ma questo secondo libro nasce in realtà da un’intuizione. L'idea è sempre quella di dare alle persone strumenti nuovi per vivere una vita più piena e facilitare il percorso in un mondo che è molto complicato. Per cui considero sicuramente questo nuovo lavoro, un pezzetto in più rispetto all’altro”.
Qual è il grande tema che affronta?
“Quello di regalare leggerezza, di liberare le persone dalla schiavitù apparente del dover scegliere. In qualche modo la società ci vuole incasellare in qualcosa: o sei una manager, o devi stare in famiglia. O sei bella o sei intelligente, o sei buona o cattiva, giusto per fare qualche esempio. Perché invece non abbracciare un'idea molto più inclusiva, dove tu puoi essere un sacco di cose insieme. Immagino i miei lettori che leggendo il libro tirando un sospiro di sollievo. Per questo capitolo dopo capitolo, vado a scardinare questa idea della falsa scelta, perché pensare di essere buona, ma anche in certi momenti, cattiva, è molto meglio”.
Lei prende ad esempio due vocali, la “e” e la “o”. Come fanno queste a fare una grossa differenza nelle nostre vite?
“La 'O' è una vocale che presuppone una scelta. Ti incanala in una strada 'o' nell’altra. La mia proposta nel libro, è quello di buttarla via, o sostituirla con una 'E', ogni volta che si può. Perché l'idea che devi scegliere, in realtà, è un abitudine che la cultura o la società in qualche modo ci porta a dover utilizzare. Ma in realtà la 'e' ci dà un'opportunità in più, quella di includere. Perché puoi essere una cosa ma anche un’altra”.
Detto così sembra semplice
“Questa cosa non è senza fatica. Lo dico spesso, non ci sono strade facilissime, un briciolo di impegno ci vuole sempre. Ma nel momento in cui scegli, la vita si semplifica. C'è un capitolo che si chiama ‘Famiglia e Successo’ dove racconto un po' della mia esperienza. Per tanti anni ho vissuto una sorta di conflitto, perché sia la mia famiglia, che quella del papà di mio figlio, inconsciamente e in buona fede, mi chiedevano come facessi a fare il mio lavoro, ed essere anche una brava madre. Vivevo costantemente con questo senso di colpa e ogni volta che nel lavoro facevo un piccolo passo avanti, temevo di mettere in discussione la mia figura di madre. In realtà queste sono false scelte che ci vengono richieste. Perché con una grande organizzazione e una scelta del tempo di qualità, si può fare tutto. Non lo dico solo per dire, all’interno del libro spiego come farlo anche nella pratica. Lo considero una sorta di manuale che stimola a mettere subito in atto le cose che racconto”.
Soprattuto sul lavoro se un uomo si dimostra energico, viene considerato molto in gamba. Al contrario se lo fa una donna, spesso viene vista, uso le sue parole, “Una str***a”. Quindi questo libro, soprattutto per la parte femminile, è anche un modo per liberarsi dal senso di colpa?
“Questo è il grande tema. Ci sono differenze fisiologiche e antropologiche tra uomo e donna, che non si possono eliminare, perchè fisicamente e storicamente siamo diversi. Però dobbiamo avere la consapevolezza che possiamo liberarci dal senso di colpa, non scegliendo se essere una cosa o l’altra: una manager o una madre. Questo è il passaggio. Io sono quasi ossessionata dalla parola consapevolezza, perché penso sia la chiave per avere una vita più piena. Anche se facendo la manager poi devo fare corse pazzesche per stare con mio figlio. Ma se questo mi fa stare bene, anche chi è intorno avvertirà questa tranquillità, e probabilmente cambierà il modo di vivermi. Se noi al contrario ci sentiamo in colpa, gli altri possono affondare il coltello. Il sentirsi bene è in qualche modo un po’ il nostro scudo. Questo per dire che il cambiamento deve partire da noi. È sempre il grande tema, affrontato anche nel mio primo libro, siamo noi il motore delle situazioni e del cambiamenti, non dobbiamo aspettare che le cose arrivino magicamente dall'alto”,
Perché scegliere di essere tutto, invece che rimanere nell'idea che abbiamo di noi, ci rende migliori?
“Come dicevo di base noi viviamo in una società che in qualche modo ci vuole inscatolare, perché le persone che hanno una chiara collocazione, sono anche più semplici da gestire. Le persone eclettiche, che sono tante cose insieme, disposte a mettersi in discussione a pensare, ragionare e ad essere molto attive, sono comunque più complicate da gestire. Essere 'consapevolmente' tante cose insieme, ci dà la possibilità di avere una vita molto più attiva”.
Dal libro si nota chiaramente che lei ha fatto un profondo lavoro su di sé. Si è mai chiesta perché nella vita le persone pur di rimanere fedeli all’idea che hanno di loro stesse, arrivano anche a sacrificarsi? Perché si segue questo schema mentale?
“Premetto che continuo sempre a fare un grande lavoro su di me. Mi sono chiesta spesso perché in passato vivevo in funzione di quello che gli altri si aspettavano, e non per quello che volevo. Per cui era una rincorsa costante nel dimostrare di essere brava, buona, bella. Non era mai un soddisfacimento personale, era sempre un cercare di soddisfare, la famiglia, il mio datore di lavoro etc etc. In più c’era il grandissimo pregiudizio che citavamo prima, ovvero quello che in maniera del tutto forviante, si pensa che buona è bene, cattiva è male. Ma non è vero”.
Perché secondo lei?
“Ci sono dei momenti in cui essere cattiva, in senso alto e astratto, va bene. Cattivi nel senso di un po' rigidi, duri, a volte serve. Quindi sganciarci dall'idea che essere sempre buoni, non per forza è sempre un bene. Per rispondere alla domanda è proprio il tema di un cambio di paradigma. Io ad esempio ho smesso di fare le cose per compiacere gli altri, e questa secondo me è la ragione per cui tutti noi tendiamo in maniera naturale, verso una certa direzione, e ho cominciato a ragionare in termini di fare le cose anche per me stessa. Come dicevamo, quando sei soddisfatta come persona, dai il tuo meglio anche con gli altri”.
Imparare ad essere tutto ci può aiutare anche a non rinunciare alle cose.
“Esatto, perché alla fine quando scegli, rinunci. È come se decidi inconsapevolmene di lasciare un pezzo, che di fatto ti dà l'opportunità di vedere e avere molto di più. Oppure noi stessi incaselliamo gli altri e di conseguenza anche noi”.
Questo ci aiuta anche a non essere giudicanti nei confronti degli altri. e di conseguenza verso noi stessi.
“’L’astenzione dal giudizio ci regala la possibilità di confrontarci e approcciarsi ad un'altra persona che potrebbe essere molte cose. Poi è chiaro che un minimo di pregiudizio è impossibile non averlo, però è importante mettersi nella condizione vedere oltre, e al di là di quello che si può pensare istintivamente. Questo funziona sia nei confronti degli altri, ma anche di noi stessi. Spesso le persone dicono: 'Io sono così'. Ma perché autoinfliggersi la pena di dire che si è in un modo, piuttosto che in un altro?”.
La leggerezza di cui parla nel libro somiglia alla felicità?
“È un ingrediente fondamentale per avere attimi di felicità. Molto spesso la leggerezza viene associata a qualcosa di negativo come la superficiale. Invece c'è una frase di Italo Calvino che dice: 'Leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall'alto, non avere macigni sul cuore'. È una delle mie frasi preferite perché la leggerezza è la capacità di vedere in profondità e a volte rimanere lì.
Questo libro affronta argomenti profondi e pesanti ma con un taglio leggero. Mi sono tatuata una piuma, proprio perché per me la leggerezza è veramente un ingrediente fondamentale, nonostante sono una persona che studia, lavora e che va in profondità”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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