Avrebbe un grande significato simbolico e un impatto emotivo nel difficile momento che sta attraversando questo disgraziato Paese, se una importante autorità pubblica nazionale si recasse a Gorla, quartiere alla periferia di Milano, il prossimo 20 ottobre. Magari il presidente della Repubblica che rappresenta di tutti gli italiani. Magari il presidente del Consiglio, se nel suo forsennato attivismo capisse l'importanza del gesto.
Già, ma cosa è successo a Gorla la mattina del 20 ottobre 1944? Quel giorno Milano, città indifesa e alla mercé del nemico, subì una serie di bombardamenti a stabilimenti industriali di scarsissimo interesse militare. Il 451° Bomb Group americano aveva come bersaglio la Breda, ma sbagliò la rotta di avvicinamento: impossibilitato a ripetere la manovra, il comandante della squadriglia prese una decisione incosciente e criminale, disfarsi subito del carico di bombe dei suoi 35 aerei e non aspettare invece di essere sulla campagna o sul mare. Il risultato fu che gli ordigni piovvero sui quartieri periferici milanesi di Gorla, Turro e Precotto seminando morte e distruzione sui civili. Tra le altre costruzioni venne centrata in pieno la scuola elementare «Crispi» di Gorla: non si salvò nessuno, perirono 184 bambini fra i 6 e i 12 anni e una ventina fra insegnanti, preside e bidelli. «È probabilmente il più grave crimine di guerra dovuto ai bombardamenti alleati su l'Italia», scrive Claudio Mauri.
Mauri, giornalista e romanziere, su questo terribile fatto che ancora la maggior parte degli italiani ignora o ha dimenticato, ha costruito un drammatico atto unico ( Il male viene dal cielo , Tabula Fati, pagg.70, euro 7) che presenta sul palcoscenico un angoscioso e angosciante faccia a faccia tra la famiglia di uno dei bimbi morti tra le macerie della scuola ed uno dei piloti responsabili dell'eccidio giunto in vacanza con la moglie a Milano negli anni Settanta: un pilota, quasi ignaro del suo misfatto, che viene messo di fronte alle proprie responsabilità.Nella sua prefazione al testo, il professor Alessandro Colombo, dicente di relazioni internazionale alla università statale di Milano e autore de La guerra integrale (Il Mulino, 2009), nota come i bombardamenti sulle città durante l'ultima guerra siano stati «una strategia consapevole e ripetuta da tutte le parti. Poiché le potenze democratiche vincitrici non vi hanno ricorso meno - anzi, se mai ne hanno fatto ricorso di più - delle potenze totalitarie sconfitte». Si trattò, senza ombra di dubbio di «bombardamenti terroristici», cioè usati per seminare il terrore fra la popolazione civile, come quella dell'Italia settentrionale, nel 1944-5 praticamente indifesa. Ormai dopo tanto tempo non è che si possa ignorare tutto ciò: libri documentati ve ne sono, da quello lontano di Giorgio Bonacina ( Obiettivo Italia , Mursia, 1970) a quello di Achille Rasteli dedicato a Milano (Bombe sulla città , Mursia, 2000), a quelli più recenti di Federica Saini Fasanotti ( La gioia violata , Ares, 2006) e di Marco Patricelli ( L'Italia sotto le bombe , Laterza, 2007). Secondo l'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito le vittime civili dei bombardamenti anglo-americani sul nostro Paese sono state 25mila nel 1940-3 e altre 39mila nel 1943-5.
Come scrive Claudio Mauri introducendo la sua opera teatrale, «il nostro Paese vive dal dopoguerra in una sorta di sindrome di Stoccolma verso i vincitori». Tanto è vero che la carneficina di Gorla resta un fatto tutt'al più locale senza alcun risonanza nazionale rispetto a quelle compiute dai tedeschi. Nel 1947 i genitori di quei piccoli morti eressero a loro spese un monumento, opera dello scultore Remo Brioschi, con i marmi donati da La Rinascente e l'acciaio donato dalla Falck. La tragedia la si ricorda quasi in privato con rappresentanti delle istituzioni locali. Non si tratta di una strage nazista, i duecento morti non li hanno fatti le SS. È amaro doverlo dire, ma è proprio così. Lo dimostra il sito del comune di Milano dove si ricorda la visita del sindaco Pisapia il 20 ottobre 2013 a Gorla: «Il Comune di Milano - ha spiegato il Sindaco - è pronto a ricordare in modo speciale (nel 2014) i propri martiri, coinvolgendo la città, e facendo conoscere un dramma che ancora troppi non conoscono. Coltivare la memoria di Gorla vuol dire essere italiani sino in fondo». Belle parole certamente, ma essere «italiani sino in fondo» significa anche essere meno ipocriti, indicando i responsabili del massacro, cosa che ci si guarda accuratamente di fare.
Ecco perché forse la presenza del capo dello Stato o del presidente del Consiglio, accanto al
sindaco Pisapia (se manterrà la sua promessa del 2013) sarebbe fondamentale per ricordare a questa nazione che tutti i morti sono uguali: e quelli uccisi dai soldati della Wehrmacht e quelli uccisi dagli aviatori dell'USAF.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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