Lettow-Vorbeck, il "generale fantasma" dell'Africa tedesca

Paul von Lettow-Vorbeck seppe condurre una guerriglia personale senza sconfitte nel cuore dell'Africa durante la Prima Guerra Mondiale

Le truppe di Lettow-Vorbeck in azione contro i portoghesi nel 1917 in una rappresentazione della stampa tedesca dell'epoca
Le truppe di Lettow-Vorbeck in azione contro i portoghesi nel 1917 in una rappresentazione della stampa tedesca dell'epoca

Lontano dai campi insanguinati e devastati della Francia e delle Fiandre, nel pieno della Grande Guerra, nel cuore dell'Africa dominata delle potenze europee andò in scena un duello romantico, un piccolo "grande gioco" condotto tra le foreste e le pianure dell'Africa orientale tedesca. Pochi anni prima del compimento del suicidio dell'Europa, cristallizzando fuori dal tempo la rivalità tra le potenze nell'ultimo continente oggetto dell'assalto coloniale, una forza mobile tedesca composta sia da militari del Reich guglielmino che da locali arruolati nel territorio dell'odierna Tanzania condusse per l'intero arco del primo conflitto mondiale una guerriglia intensa contro le truppe britanniche che avevano invaso gli avamposti germanici.

Alla guida di questa armata che seppe arrivare all'11 novembre 1918, giorno della resa della Germania, senza sconfitte vi era un estroso ufficiale prussiano, Paul von Lettow-Vorbeck, nato nel 1870 da una famiglia della Pomerania dalla lunga tradizione militare, con alle spalle una carriera di servizio che lo aveva portato a partecipare nel 1900 alla spedizione contro i Boxer in Cina, nel 1904 alla controguerriglia in Namibia e, negli anni successivi, al presidio del Camerun tedesco.

Giunto al comando delle forze di presidio dell'Africa orientale tedesca, le Schutztruppe, nei mesi precedenti lo scoppio della Grande Guerra, Lettow-Vorbeck, promosso al rango di generale, assemblò un'armata ibrida formata da soldati del territorio metropolitano e ascari locali. Con questi uomini, il generale seppe costruire un rapporto fiduciario grazie alla conoscenza della cultura locale, della lingua e delle tradizioni di popoli, trattati non come sottomessi ma come compartecipi del controllo tedesco del territorio.

Si può tracciare un filo diretto tra l'austero generale prussiano e due figure che hanno saputo sublimare l'arte della guerriglia nella prima metà del Novecento: Lawrence d'Arabia, che sul fronte opposto promosse la rivolta araba contro l'Impero Ottomano, e Amedeo Guillet, che durante la campagna britannica nell'Africa orientale italiana nel secondo conflitto mondiale impegnò le forze britanniche alla testa di un gruppo di bande armate indigene.

Lettow-Vorbeck, prima di Lawrence e Guillet, seppe creare il modus vivendi ideale per far convivere europei e locali, esponenti di civiltà diverse, militari con diverse professionalità e formare un esercito coeso che operava secondo i canoni della più avanzata guerriglia. Un'armata al cui interno ogni barriera era caduta. "Siamo tutti africani" disse Lettow-Vorbeck ai suoi uomini dopo l'inizio dell'offensiva britannica e terrestre delle truppe britanniche il 2 novembre 1914, che portò il generale alla decisione di resistere e portare sul terreno la sua conoscenza del terreno e la sua abilità militare contro l'Impero britannico.

Da allora, per oltre quattro anni, Lettow-Vorbeck fu la spina nel fianco degli inglesi e dei loro alleati belgi e portoghesi che accerchiavano l'Africa orientale tedesca nella regione dei Grandi Laghi. Nell'agosto 1914, allo scoppio delle ostilità, Lettow-Vorbeck si trovò alla guida di un esercito che aveva raggiunto una forza di circa 11.000 ascari, principalmente di etnia rugaruga, e 3.000 europei. L'obiettivo strategico della sua azione non era concordata con i vertici militari di Berlino o con il governo della colonia, che anzi spingeva per la neutralità: si trattava, semplicemente, di inchiodare nelle remote terre africane il maggior numero possibile di truppe dell'Intesa, imponendo a britannici e alleati un costo notevole per la sua conquista e il suo controllo. Dal punto di vista dei tedeschi, per quattro anni la manovra di Lettow-Vorbeck fu un brillante successo.

Lo storico militare Edwin Palmer Hoyt ha definito come "la più grande azione di guerriglia di sempre" la manovra con cui Lettow-Vorbeck e i suoi uomini seppero bloccare le armate nemiche. Incursioni in villaggi remoti, attacchi a presidi isolati condotti contro le truppe entrate nella colonia, attentati a treni e ferrovie, raid contro reparti isolati si susseguirono a lungo. Lettow-Vorbeck adottava la tattica del mordi e fuggi, si coordinò con la guerra di corsa portata avanti dalle poche navi tedesche rimaste sul Lago Tanganica e nei fiumi affluenti, recuperò l'equipaggio e i preziosi cannoni da 105 mm dell'incrociatore leggero Konigsberger affondato dai britannici sul fiume Rufigi nel 1915, rifiutò lo scontro campale salvo attaccare le punte delle avanzate nemiche quando il terreno si faceva favorevole.

A Tabora, nel marzo 1916, il generale britannico e futuro premier sudafricano Jean Smuts subì una dura sconfitta. A Mahiwa, nel sud della colonia, nonostante la caduta della capitale Dar es Salam, Lettow-Vorbeck si ripeté travolgendo i britannici e gli alleati nigeriani. Nel 1917 attraversò il confine col Mozambico portoghese, travolse la guarnigione lusitana a Ngomano e risolse i problemi di rifornimento per il resto della guerra. La roccaforte principale dell'armata afro-tedesca restava l'inespugnabile catena di montagne di Uluguru, nell'Est dell'attuale Tanzania, ricoperte di foreste equatoriali piovose e inospitali. Smunts, che aveva provato a mettere in difficoltà il generale tedesco puntando a soffocarne le linee di rifornimento, non aiutò certamente a conquistare alla causa di Sua Maestà la popolazione locale. Lettow-Vorbeck tornò nel settembre 1918 nelle sue terre di partenza dopo un raid nella Rhodesia del Nord e tenne alta la bandiera di guerra della Germania fino al novembre successivo. Nemmeno la capitolazione germanica sul fronte occidentale bastò a fermare le sue gesta: il 13 novembre 1918, due giorni dopo l'armistizio di Compiegne, Lettow-Vorbeck entrò a Kasama, nell'attuale Zambia, rifiutando l'idea di una caduta del Reich guglielmino.

Solo un paio di settimane dopo il generale pomerano avrebbe consegnato ai britannici le armi ufficializzando una resa dopo una guerra condotta senza sconfitte sul campo e dopo aver inchiodato decine di migliaia di britannici e alleati in un fronte secondario. Lettow-Vorbeck era diventato per i suoi ascari il "Leone", il comandante che alcuni dichiaravano di voler seguire fino "in capo al mondo", l'uomo che creò un'armata multinazionale in un'area ferita dal colonialismo, il protagonista di un'epopea personale e militare che avrebbe fatto scuola.

Non a caso, dopo l'ascesa del regime nazista in Germania, Lettow-Vorbeck non ebbe dubbi a rifiutare il suo appoggio a un governo che negava gli ideali in nome dei quali aveva marciato per le terre equatoriali. Non c'era legame tra quella nuova patria e la sua idea di fedeltà a una bandiera e onore militare da estendere a chiunque avrebbe scelto di combattere per la Germania. Indipendentemente dalle sue origini.

Come Guillet in Eritrea, dopo il secondo conflitto mondiale poté incontrare gli ascari che avevano combattuto nelle sue fila, ricevendo l'onore delle armi e confermando quanto scritto dallo storico Charles Miller: "Nessun militare bianco dell'era coloniale ha ricevuto dagli africani tanta stima non solo come comandante ma anche come uomo". A testimonianza della capacità profonda che la guerra ha di creare non solo devastazioni e lutti, ma anche valori e insegnamenti profondi la storia di von Lettow-Vorbeck resta una delle imprese più incredibili del secolo più tragico della storia umana.

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