La lezione di Cézanne al Novecento italiano in mostra al Vittoriano

L'artista francese spalancò le porte della modernità, esercitò una potente influenza sui nostri pittori e regalò ispirazione e idee a una intera generazione di artisti, da Morandi a Boccioni, da Sironi a De Pisis

La lezione di Cézanne al Novecento italiano in mostra al Vittoriano

La «passione per il visibile», il linguaggio autonomo, l' enigmaticità, l'ossessione e la sperimentazione sul colore, l'allergia alla piena appartenenza ai movimenti, la ricerca solitaria. Ma soprattutto la potente influenza esercitata da Paul Cézanne su tanti pittori europei, e in particolare sull'arte italiana del '900.
La grande mostra che ha aperto a Roma la nuova stagione del Vittoriano (rimarrà «in cartellone» fino al 2 febbraio») punta ad accendere i riflettori proprio su questo: sulla capacità magnetica del maestro di Aix en Provence e sul desiderio di intercettarne l'ispirazione mostrata dagli italiani che «idealmente» andarono a lezione da lui. L'esposizione si muove attorno a una ventina di capolavori del maestro francese, centro di gravità attorno a cui ruotano altre ottanta opere dei nostri maggiori pittori del primo '900 influenzati dalla sua lezione. Una calamita che attira l'attenzione di Morandi negli anni della sua formazione, la conclusione dell'esperienza futurista di Boccioni, l'intensità emotiva di Carrà, le modalità costruttive delle nature morte di De Pisis, lo spazio volumetrico di Sironi. Ma anche il lavoro figurativo di Capogrossi e la ricerca di Pirandello, negli anni del loro comune soggiorno parigino. I dipinti arrivano, tra i vari musei, dall'Ermitage, dall'Orsay, dalla Collezione della Fondazione Buhrle di Zurigo, dal Museo d'Arte di San Paolo, dalla National Gallery di Melbourne, oltre che dalle gallerie italiane.
Nel loro complesso, l'incontro di linee e colori, geometrie e sintesi formali descrive la formazione di una sensibilità diffusa, una eredità pittorica che si tramanda attraverso la comune cifra dell'ammirazione attraverso tutto il '900. Una mostra - quella curata dalla Storica dell'Arte Maria Teresa Benedetti, e da un prestigioso comitato scientifico composto da Denis Coutagne, Rudy Chiappini e Claudio Strinati - che descrive l'effetto a catena fatto scattare dai paesaggi, dalle nature morte, dai ritratti e dai nudi di Cézanne. Opere arrivate in Italia attraverso la «Prima mostra di impressionismo francese» curata da Ardengo Soffici nella Firenze del 1910, attraverso la rassegna in mostra nel padiglione francese della Biennale veneziana del 1920, i 28 dipinti provenienti quasi esclusivamente dalle collezioni fiorentine Fabbri e Loeser, e disperse negli anni Venti. Una moltiplicazione della fama dell'artista francese avvenuta al netto di contatti diretti del pittore provenzale con la nostra penisola, visto che Cézanne non venne mai in Italia e tantomeno visitò Roma (pur avendo intrattenuto rapporti molto stretti con l'arte antica del Belpaese, come raccontò un'altra mostra romana del 2002).
La scintilla, le idee, le sperimentazioni offerte da Cézanne, il «sacerdote dell'arte», si trasformano così nell'occasione per rileggere una stagione pittorica italiana tra le più intense, in un'esposizione articolata in quattro sezioni tematiche e iconografiche: nature morte, nudi, paesaggi e ritratti.

Nuclei fondamentali da cui si sprigiona un'energia che influenzò tutti i movimenti post-impressionisti e che lo trasformò in un vero e proprio «padre dei moderni», tra i quali, per loro stessa ammissione, Matisse e Picasso.

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