L'istante che distrusse Charlie Hebdo (e l'Occidente)

La terribile mattanza alla redazione di Charlie Hebdo, il calvario di un sopravvissuto e l'orrore che non passa ma, presto o tardi, ritorna sempre

L'istante che distrusse Charlie Hebdo (e l'Occidente)

"I buoni cronisti sono pochissimi: alcuni si piegano agli argomenti importanti del momento e alla morale generale, altri a un dandysmo che li porta a fare i furbi scrivendo controcorrente. I primi sono sottomessi alla società, i secondi al proprio personaggio. In entrambi i casi cercano di fare stile e appassiscono in fretta". Il 7 gennaio 2015 Philippe Lançon si alza, si veste, fa colazione e va alla redazione di Charlie Hebdo. Fino all'ultimo è indeciso se passare prima da Liberation, ma alla fine punta dritto al giornale satirico con cui collabora. "Verso le dieci e mezza del 7 gennaio 2015 non erano molti in Francia a voler essere Charlie [...]. Il giornale aveva ormai importanza solo per pochi fedelissimi, per gli islamisti e per ogni genere di nemici più o meno civili che andavano dai ragazzi di periferia, che non lo leggevano, agli amici dei dannati della terra, che lo tacciavano volentieri di razzismo".

Quel giorno, durante la riunione di redazione, si parlava di Sottomissione. L'ultimo libro di Michel Houellebecq era uscito in libreria da pochi giorni ma aveva già sollevato un vespaio di polemiche. "Anche lì, dove tutto era permesso e addirittura preteso, detestavo discutere di libri che avevo letto con persone che non li avevano letti". Eppure quel giorno, poco prima che tutto nella sua vita prendesse un'altra piega, a Lançon toccò proprio quella sorte. Il discorso passò velocemente dalla letteratura alla politica: l'islam, le banlieue e soprattutto la mancata integrazione. Poi, tutto d'un tratto, un urto, sordo e violento, e la realtà, per come la conosceva fino a quel momento, venne spazzata via. "Erano le 11.25, forse le 11.28. Il tempo sparisce nel momento in cui vorrei ricordarmelo con precisione".

Lançon ha rimesso insieme tutti i frammenti e, al termine di un lunghissimo calvario, ha scritto La traversata (edizioni e/o), un romanzo introspettivo che accompagna il lettore sin dentro l'orrore jihadista per poi metterlo, faccia a faccia, con la devastazione di che è sopravvissuto. Lançon fu uno degli undici scampati alla mattanza. Ebbe salva la vita ma il suo corpo fu pesantemente martoriato: una pallottola lo ferì alla mano, un'altra gli strappò via la mandibola, parte del labbro inferiore e i denti. Probabilmente gli attentatori lo credettero morto e lo abbandonarono al suo destino. La traversata ripercorre i nove mesi che seguirono l'attacco: nove mesi dentro e fuori dagli ospedali per farsi ricostruire un volto che non esisteva più.

"Quanto tempo ci vuole a sentire che la morte sta arrivando, se uno non l'aspetta?", si chiede Lançon. La risposta è solo abbozzata. "Probabilmente, come gli altri, ero già scivolato in un universo in cui tutto succede in una forma così violenta da esserne come attenuato e rallentato, dato che la coscienza non ha più altri mezzi per concepire l'istante che distrugge". Pur avendo scritto a lungo di quel terribile attentato, non avevo ancora letto La traversata. Era stato pubblicato nel 2020. Poi, quest'anno, Houellebecq lo ha ritirato fuori nel suo ultimo libro, Annientare. Ne parla a profusione e questo mi ha spinto a recuperare una lettura che avevo mancato. Rileggere oggi la mattanza di Charlie mi ha scatenato vecchie paure perché, a distanza di oltre sette anni, non riesco ad affrontarla col distacco dei fatti passati. Non ci riesco nemmeno quando ogni lembo di carne spazzato via viene rimesso al suo posto. Lançon non affronta mai il tema del terrorismo islamico, se non come origine della sua odissea, e scrive un romanzo teso al futuro, alla rinascita. Ma il male rimane sempre lì, sotto pelle, anche quando medici e infermieri compiono il miracolo, anche quando la vita riesce a vincere sulla morte, anche quando la speranza torna a donare pace all'uomo.

Sei mesi dopo l'attentato Lançon venne liberato dalle ultime misure di protezione e, in autunno, finalmente potè rientrare a casa e fare il primo viaggio all'estero dopo l'attentato.

Volò a New York dove l'università di Princeton lo aveva invitato per un confronto con lo scrittore Mario Vargas Llosa. Tornava così a vivere. Era il 13 novembre 2015. Al Teatro Bataclan e in tutta Parigi la furia islamista tornava a far scorrere sangue.

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