Il macabro Nitsch, fra aste, censure e il rischio kitsch

La tunica della performance di Graz del 1987 è stata battuta domenica all'asta, presso la Meeting Art di Vercelli. Il fortunato feticista è venuto in possesso di questa sorta di sacra sindone - sangue e tecnica mista su stoffa, cm 170x155 - per la modesta somma di 6.500 euro. La stima era 25mila euro. Segno che lo splatter è in ribasso e perfino il celebrato Hermann Nitsch, nato a Vienna nel 1938, comincia a invecchiare. Eppure il capostipite dell'azionismo viennese, movimento di simpatici guignol anni Sessanta, esperti in automutilazioni e pratiche sado-maso, è tornato alla ribalta in questi giorni. Il 10 luglio dovrebbe aprire una mostra di documenti, foto e video ai Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo. Esposizione boicottata a Città del Messico e ora osteggiata in Sicilia. Sul sito di petizioni change.org sono state raccolte oltre 65mila firme contro la macabra celebrazione, soprattutto di animalisti che aborrono i metodi di coinvolgere lo spettatore incitando «gruppi di persone a squartare animali, a tirarne fuori le viscere e a calpestarle, a imbrattare di sangue delle persone crocifisse e a unirsi in un rito collettivo di frenesia, basato su riti liturgici e sacri».

L'assessore alla cultura del comune, Andrea Cusumano, che conosce di persona Nitsch, spiega che le opere dell'austriaco sono esposte nei principali musei di arte del mondo e che è auspicabile ospitare l'amico proprio perché lo spazio ha l'ambizione di diventare un riferimento per l'arte contemporanea: «La mia politica culturale è quella di far rientrare Palermo nel circuito d'arte contemporanea internazionale». In questo senso, par di capire che si debba pagare dazio allo «sgunz» dell'art system perché senza una spruzzata di coprofilia e sana dissacrazione non si viene considerati abbastanza à la page . Achille Bonito Oliva, che in altri tempi ha ammirato le teste di mucca sgozzate con larve di mosca di Damien Hirst, si è detto a favore; Vittorio Sgarbi, ovviamente, contro.

Ma questa volta dare ragione o torto è arduo: da un lato, il dissacratore di professione che al culmine del paradosso ha scritto in una lettera aperta di essere anche egli un fiero animalista, ma i cui lavori sono terribilmente datati. Dall'altra, la severa censura degli animalisti, campioni del più stolido politicamente corretto, la cui sollevazione gioca a favore della fama, immeritata, dell'artista.

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