Giugno 1942. La Germania è impegnata da mesi nell'operazione Barbarossa, l'invasione dell'Unione Sovietica, e nel Mediterraneo Centrale la pressione delle forze aeree dell'Asse sull'isola di Malta va diminuendo: il II Fliegerkorps tedesco ad aprile viene spostato dalle basi nel Mare Nostrum all’est Europa, e gli inglesi colgono la palla al balzo per cercare di rifornire l'isola che da mesi è allo stremo colpita dai bombardamenti delle forze aeree italotedesche.
La guerra dei convogli
Nell'Ammiragliato nasce così l'idea di condurre un'imponente operazione di rifornimento da due fronti, per sorprendere le forze navali italiane che, pensavano gli inglesi, non sarebbero state capaci di parare questo doppio colpo.
Prima di procedere nella narrazione della battaglia che seguì questa decisione, è bene fare una precisazione storica: Malta, troppo spesso, è stata indicata come il principale fattore della nostra disfatta sul fronte africano. Non è propriamente così e cerchiamo di spiegare rapidamente il perché. Il compito strategico della nostra flotta era quello di fornire la scorta ai convogli per la “Quarta Sponda”, in quanto il nostro fronte di guerra principale era quello nordafricano.
La nostra flotta era costretta, quindi, ad essere quasi sempre in mare, mentre quella inglese godeva del vantaggio tattico di poter scegliere come e quando colpire le nostre linee di rifornimento, riservandosi di compiere azioni particolari (come il bombardamento navale di Genova o quello aeronavale di Taranto) per minare il morale e la capacità delle nostre forze.
Diciamolo subito: la guerra dei convogli fu persa non per causa dei colpi inglesi. Il 94% dei materiali inviati dai porti italiani arrivò a destinazione in Libia. Il problema era che i piroscafi ed i mercantili partivano a mezzo carico, mentre quelli inglesi, per fare un esempio, navigavano “alla linea di galleggiamento”, una disparità che alla lunga portò all’inversione della marea nel Mediterraneo ed in ogni altro fronte di guerra. Una questione quindi di approvvigionamenti “alla fonte”, unita ad altri fattori, come le carenze infrastrutturali nei porti libici che non erano in grado di accogliere e smistare un gran numero di mercantili bloccandoli così in rada ed esponendoli agli attacchi aerei inglesi.
L'incidenza di Malta nella guerra dei convogli fu quindi marginale, e dipendente dalle contingenze: quando le armate italotedesche guidate da Rommel si spinsero sino all'Egitto, l'isola fu praticamente tagliata fuori. Anche ad inizio della guerra gli inglesi la consideravano indifendibile, aspettandosi un nostro sbarco anfibio (l'operazione C3) e sostanzialmente la abbandonarono al suo destino. Quando si accorsero che l'invasione non arrivava, decisero di rinforzarla impiegando il minimo delle loro forze: i carichi venivano inviati con sommergibili o incrociatori veloci (come l'Hms Welshman capace di 40 nodi di velocità). Ma, come detto, ad aprile la pressione aerea sull'isola stava sensibilmente diminuendo, e pertanto gli inglesi presero la decisione di tentare una prima grande operazione di rifornimento: l'operazione Harpoon da Gibilterra e la Vigorous da Haifa, Alessandria e Port Said.
Un arpione diretto a Malta
Nonostante la penuria di naviglio pesante, gli inglesi da Gibilterra seppero mettere insieme una flotta numericamente importante: la Royal Navy schierava nella Forza T, che doveva arrivare sino al Canale di Sicilia ed invertire la rotta, una vecchia corazzata, la Malaya, due portaerei (Argus e Eagle), tre incrociatori (Kenya, Charybdis e Liverpool) e otto cacciatorpediniere; nella Forza X, quella adibita alla scorta sino a Malta, erano presenti un incrociatore leggero contraereo (Cairo) e nove cacciatorpediniere oltre ad undici unità minori.
A questa flotta si affiancava il Western Convoy composto dai mercantili Troilus, Burdwan, Chant, Tanimbar, Orari e dalla cisterna Kentucky. Infine la Forza Y composta dalla cisterna Brown Ranger e da due corvette. Le tre flotte erano agli ordini dell’ammiraglio Harwood, al vertice della Mediterranean Fleet, mentre il comando in mare era affidato a vice ammiraglio Curteis a bordo del Kenya.
La battaglia si infiamma appena il convoglio si avvicina al mare al largo della Sardegna. Già il 13 un primo gruppo di aerosiluranti italiani decolla dall'isola per cercare di colpire le navi inglesi, ma non le trova e deve tornare indietro. Il 14, invece, le operazioni aeree sono più coordinate e arrivano i primi colpi a segno: a sera il bottino italiano è di un incrociatore gravemente danneggiato (il Liverpool) ed un mercantile colpito poi affondato dai bombardieri Cant-Z 1007 Bis (il Tanimbar).
Il 15 giugno arriva il momento, per la nostra flotta, di passare all'azione. La Settima divisione incrociatori leggeri composta dall’Eugenio di Savoia e Raimondo Montecuccoli scortati da cinque cacciatorpediniere al comando del vice ammiraglio Alberto Da Zara salpa da Cagliari che è ancora notte, e alle prime luci del 15 giugno piomba sul convoglio inglese.
Alle 5:39 del mattino la Forza X si trova davanti la divisione di Da Zara che apre subito il fuoco contro i cacciatorpediniere inglesi, lanciatisi a tutta forza contro le nostre navi. A causa della disparità di calibri il fuoco italiano colpisce ed immobilizza immediatamente due caccia inglesi: il Bedouin, poi silurato da un Sm-79 pilotato dal sottotenente Martino Aichner facente parte del 132esimo gruppo autonomo dell’asso Carlo Buscaglia, ed il Partridge, che però riesce ad essere recuperato.
Da Zara decide di continuare nell'affondo e dirige il fuoco sulla principale unità nemica, il Cairo, che riceve alcuni colpi che lo costringono ad accostare. Un destino peggiore attendeva le navi da carico del convoglio: di tutti i mercantili che lo compongono, solo il Troilus riesce ad arrivare incolume a Malta. Da parte italiana i danni sono minori sui due incrociatori mentre il caccia Vivaldi, colpito pesantemente, riesce a restare comunque a galla e a far ritorno in porto.
Vigorous non passa la "Bomb Alley"
Il 12 giugno, dai porti inglesi nel Mediterraneo Orientale, salpano 11 mercantili (City of Pretoria, City of Calcutta, Bhutan, Potaro, Bulkoil, Rembrandt, Aagtekirk, City of Edimburgh, City of Lincoln, Elizabeth Bakke ed Ajax) scortati da otto incrociatori (sei pesanti il Cleopatra, Dido, Hermione, Euryalus, Arethusa, Coventry e due leggeri il Birmingham e il Newcastle) e 25 cacciatorpediniere che prendono il mare da Alessandria il 13.
Il comando sul campo è affidato al vice ammiraglio Sir Phillip Vian coadiuvato dal vice ammiraglio Tennant al comando della 4th Cruiser Squadron. Non disponendo di corazzate gli inglesi cercano di ingannare la nostra ricognizione camuffando una vecchia nave bersaglio, la Hms Centurion, come se fosse una corazzata della classe King George V, la Hms Anson. Ad ulteriore protezione di questo imponente convoglio erano stati disposti a ventaglio nelle acque tra la Sicilia e la Sardegna una serie di sommergibili in modo da intercettare la nostra squadra navale una volta uscita dai porti.
Anche qui la reazione degli aerei italotedeschi è pesante: gli attacchi arrivano a ondate, in quella che gli inglesi definiscono la "Bomb Alley" (il corridoio delle bombe), e le bombe e i siluri piovono come grandine sul convoglio britannico. Ma Vian prosegue: Malta deve essere rifornita.
Tra il 14 e il 15 giugno la nostra squadra navale esce dal porto di Taranto per intercettare gli inglesi: al comando dell'ammiraglio Angelo Iachino ci sono due corazzate (Littorio e Vittorio Veneto), quattro incrociatori (Gorizia, Trento, Garibaldi e Duca d'Aosta) e 12 cacciatorpediniere tra cui il Legionario che era alla sua prima uscita operativa dotato di radar tedesco tipo De.Te.
Nello Ionio, inoltre, vengono schierati una serie di sommergibili coadiuvati da naviglio sottile tedesco e sei U Boot. Lo scontro aeronavale si fa sempre più pesante man mano che il convoglio si avvicina all'isola: colpiti numerosi caccia e incrociatori (Birmingham e Arethusa gravemente colpiti ed Hermione affondato), persi per bombardamento aereo e siluramento quattro mercantili, Vian dà ordine di fare dietrofront facendo finta di non aver ricevuto il messaggio dell'Ammiragliato che gli ordinava di proseguire: una decisione che risparmia la sua menomata flotta dal finire sotto i calibri da 381 delle nostre corazzate uscite da Taranto.
Nel momento del cambio di rotta, la sera del 15, gli inglesi perdono un altro incrociatore, il Newcastle, silurato dai tedeschi, e affondato un altro caccia.
Gli italiani in quella parte dello scontro lamentano una sola grande perdita: l’incrociatore pesante Trento che viene silurato e affondato dal sommergibile Umbra, dopo che era stato immobilizzato da un siluro sganciato da un bombardiere Beaufort quella stessa mattina.La Battaglia di Mezzo Giugno si conclude così con una netta vittoria delle forze dell'Asse che, per la prima volta, dimostrano di poter mettere efficacemente in pratica i principi dello scontro aeronavale.
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