Forse abbiamo trovato finalmente l'erede del Vasari, il più gossipparo e malelingua tra gli storici dell'arte di tutti i tempi. È una signora americana di mezza età, Elisabeth Lunday, che vive a Forth Worth in Texas, appassionata, oltre che di pittura, di architettura e musica, se è vero che il secondo volume sui retroscena della creatività è dedicato ai grandi compositori. Per ora, in Italia, dobbiamo accontentarci delle Vite segrete dei grandi artisti, appena tradotto da Electa (euro 19,90), quasi 300 pagine di pettegolezzi su una tipologia umana peraltro già strana in partenza. La Lunday sembra confermare lo stereotipo popolare di artista genio e sregolatezza, essere lunatico e talora ai limiti della follia, attraverso un percorso che parte da molto lontano, addirittura dal quattrocento con Jan Van Eyck e arriva (quasi) ai nostri giorni con Andy Warhol, evitando però di affrontare la contemporaneità che di psicopatologie, se non di stranezze, è comunque ricca. Rispetto al suo illustre predecessore aretino, il Vasari appunto, Lunday ha a disposizione un ottimo complice, l'illustratore Mario Zucca che, con taglio fumettistico, aiuta la scrittura brillante e scanzonata tratteggiando un bel po' di casi umani, dal Rinascimento alla Pop Art.
Sandro Botticelli, a esempio, era meglio non averlo come vicino di casa: infastidito dai rumori di un condomino che lo distraevano dalla pittura, minacciò di far rotolare un masso sul tetto della sua casa a scopo biecamente dimostrativo. Niente in confronto a Leonardo, accusato pubblicamente di sodomia, che in epoca medicea era un reato piuttosto grave. Visti i suoi ottimi rapporti con i signori di Firenze, il genio se la cavò con un semplice ammonimento, ma non per questo il vizio gli passò del tutto. Michelangelo era un vecchio rompipalle, insopportabile per il papa e gli altri committenti che facevano a gara a scaricarselo, piuttosto che aver a che fare con lui. Puzzava come un caprone devastando le narici dei poveri assistenti e forse per questo praticava astinenza e castità: pare addirittura che non volesse vedere donne nude. Quanto al Caravaggio, è noto, il suo curriculum è degno di un casellario giudiziario tra ruberie, duelli e risse. Il difetto più intollerabile era la necrofilia: davvero il più grande pittore barocco italiano si serviva di cadaveri per il realismo dei suoi dipinti, costringendo i modelli a posare con corpi appena estratti dalla fossa.
Se Goya era un paranoico inseguito dai suoi fantasmi e Dante Gabriele Rossetti credeva nel primato del (proprio) pene, un periodo molto fecondo di stranezze è quello che si snoda tra Impressionismo e Post. Tralasciando l'arcinoto caso Van Gogh, che non solo ebbe l'ardire di tagliarsi un orecchio ma nei periodi migliori mangiava i colori direttamente dal tubetto, Manet sfidò a duello un critico per via di una recensione negativa; Degas detestava le donne scollacciate se avanti con l'età e non glielo mandava a dire; Cézanne era un alienato ubriacone e depresso -passò alla storia la sua espressione, non proprio incoraggiante, «l'esprit m'emmerde»- e in quanto a Monet non faceva differenza tra duchesse e cameriere in quanto ad andare a letto con le une e le altre.
Klimt aveva paura dei treni e si perdeva nelle stazioni, Munch (non avrebbe potuto essere altrimenti) detestava l'intero genere umano e si nascondeva da tutti. Matisse, invece, un discreto burlone, visto che ogni tanto bersagliava i passanti dalla finestra con una cerbottana. Di Picasso, oltre all'ossessione per le donne, si ricorda il disordine e la sporcizia in cui lavorava, topi compresi. Uno dei peggiori era però il realista americano Edward Hopper, che quando beveva non capiva più niente e picchiava la moglie Josephine: pare che il motivo più frequente dei litigi (botte da orbi) fosse su chi dovesse guidare la macchina per tornare a casa. Un bravo cristo era invece Marc Chagall, che nonostante le tragedie della guerra e dell'olocausto, si preoccupava se in America ci fossero abbastanza mucche da dipingere.
In questa storia segreta dell'arte sono appena due le donne e belle strane pure loro: Georgia O'Keefe che dipingeva nuda e Frida Kahlo, un mito per le femministe, che ebbe una passione travolgente per Trotsky eppure faceva il bagno al vecchio marito Diego Rivera, un ciccione di oltre 130 chili.
L'irascibile Pollock era un ubriacone professionista, mentre il re degli illustratori Escher ebbe l'ardire di mandare a quel paese niente di meno che Mick Jagger. In quanto alle superstar Dalì e Warhol, le loro principali manie stavano nel riuscire ad apparire più fighi degli altri nella nascente era dei media.
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