da Londra
Nostalgia e utopia necessaria all'uomo, sempre altrove, inaccessibile, fuori dal tempo, nella storia della nostra civiltà il Paradiso è stato oggetto di continua ricerca non solo metaforicamente, ma anche come luogo reale potenzialmente identificabile sulla superficie della terra. Alessandro Scafi, uno studioso appassionato dell'arte della cartografia che insegna Storia della cultura del Medioevo e del Rinascimento al Warburg Institute di Londra da anni si dedica a tappeto allo studio delle mappe del Paradiso esplorando la millenaria ricerca dell'Eden nella tradizione giudeo cristiana senza tralasciare la visione del firdaws e del jannah dell'islam. È nell'antico impero persiano che affondano le radici del termine paradiso: «paridaiza» indicava un parco di caccia per le elites reali, e in seguito «parádeisos» un vasto campo con ruscelli, alberi, fiori e animali per i piaceri dell'aristocrazia. Crollato il grande impero di Ciro sotto la sferza di Alessandro Magno, l'eredità semantica sopravvisse nell'Egitto ellenistico e romano con il greco e l'ebraico in virtù delle traduzioni ordinate da Tolomeo II Filadelfo per arricchire la grande biblioteca di Alessandria, e così fino al «parádeisos en Edem» della Genesi. Radicalmente diverse dalle mappe moderne, fondendo insieme diverse dimensioni temporali - classiche, bibliche, contemporanee - e unendo geografia e storia, le mappae mundi medievali si ponevano come strumenti di meditazione e di arricchimento morale, di qui la difficoltà a descrivere il fascino immenso di queste carte che sotto la lente di ingrandimento costituiscono ognuna e in ogni dettaglio una visione diversa del mondo.
Ci riesce brillantemente Scafi nella sua coltissima rassegna delle Maps of paradise pubblicata in un'elegante edizione illustrata dalla British Library di Londra (pagg. 176, sterline 20). Lo studioso ha compresso anni di ricerche in un erudito distillato di geografia sacra corredando ogni capitolo di un ricco apparato bibliografico.
Emblematica la complessa Hereford Mappa Mundi inglese, attribuita a Richard of Haldingham, un'opera tracciata intorno al 1300 che dipinge un vasto mondi di mostri e meraviglie della natura attingendo a fonti tardo classiche, Plinio in particolare, per illustrare il procedere della «storia» partendo dal paradiso rappresentato come principio in oriente, al mare Mediterraneo che forma l'asse centrale della parte inferiore occidentale della mappa. Della stessa epoca la Ebstorf Mappa Mundi (Germania del Nord) in cui il Giardino dell'Eden è rappresentato in un rettangolo nella parte superiore della carta e che illustra Adamo ed Eva, i quattro fiumi, l'Albero della conoscenza del bene e del male. Affascinante la mappa Catalan Estense (1450-60) in cui l'autore rappresenta l'Eden lungo l'equatore nel Corno d'Africa. In quegli stessi anni il monaco veneziano Fra' Mauro suggerisce l'inaccessibilitá del paradiso come «altrove» ponendo l'Eden in un tondo all'esterno della sua mappa del mondo.
Con la Riforma e la diffusione della geografia tolemaica ritenuta perduta nell'Europa occidentale fino al XV secolo, la funzione cartografica cambia. Con il rapporto spazio tempo definito matematicamente le mappe tolemaiche ignoravano la dimensione storica per prediligere la geografia, come esemplficato nella mappa di Ulm di Lienart Holle, Cosmographia del 1486. I mutamenti teologici incidono sulla rappresentazione del paradiso, per Lutero dopo la Caduta e la maledizione di Dio il giardino dell'Eden è perduto per l'uomo, annullato dal diluvio universale.
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