Se l'Europa rinuncia alla sua identità

E in Francia è ancora una volta un momento-Finkielkraut. Era da qualche anno che il filosofo, celebre per le sue prese di posizione scorrette ma mai gratuite o strumentali, non si ritrovava al centro del dibattito. Stavolta è successo per merito del suo libro L'identité malheureuse. (Editions Stock), caso polemico d'autunno, da settimane in testa alle classifiche francesi di vendita. L'identità francese secondo Finkielkraut è appunto malheureuse, «infelice», perché ormai affetta da troppi sensi di colpa, che la stanno facendo recedere rispetto alle prese di posizione identitarie degli immigrati (islamici e non) e la stanno trasformando in un non-luogo culturale. Una terra di conquista per altre culture, quella islamica in primis.
«Attualmente, con il pretesto di combattere la discriminazione, abbiamo rinunciato all'assimilazione, quella virtù civile che, per esempio, ha permesso a me, di diventare francese senza impedimenti, nonostante fossi ebreo» ha spiegato Finkielkraut (figlio di un superstite di Auschwitz) a Le Point. Assimilazione vuol dire accogliere chi proviene dall'esterno, ma aspettandosi che accetti il sistema di valori del Paese in cui si trova. «Invece» ha continuato Finkielkraut, «L'assimilazione è stata inizialmente sostituita con l'integrazione, e adesso è la volta della cosiddetta “società inclusiva”». Formule, sempre più vaghe, grazie alle quali «Per la prima volta nella storia dell'immigrazione, l'ospite si sente pienamente nel suo diritto se rifiuta di essere accettato». Al punto che, a quanto ne racconta Finkielkraut, l'insulto «sporco francese» è diventato moneta corrente in diverse zone d'oltralpe.
L'ultimo caso che spiega bene l'atteggiamento culturale stigmatizzato dal filosofo, è quello di un rapporto diffuso dal governo francese, in cui si esprime il proposito di favorire l'insegnamento dell'arabo e delle lingue africane nelle scuole. Dopo diversi interventi polemici, con Finkielkraut in prima fila, il Governo ha deciso di prendere le distanze dall'autore del rapporto, l'hollandiano Jean-Marc Ayrault, e ha precisato che il documento «non riflette per nulla la politica statale».
Del resto la posizione battagliera di Finkielkraut, oltre a una serie di duelli televisivi molto seguiti e commentati su internet, con vari esponenti più o meno progressisti, gli ha provocato critiche e attacchi anche pesanti. Per prima quella di aver di fatto appoggiato le posizioni del Front National di Marine Le Pen «Sono ormai abituato ad essere lepenizzato», ha commentato Finkielkraut, che invece proviene da un retroterra di schietto illuminismo, «Ma credo fermamente che se si vuole evitare che il Fronte Nazionale prenda il potere sia il caso di smettere di minimizzare un certo numero di problemi, di negare la realtà».
L'intento di Finkielkraut, insomma è evitare che la Francia si trasformi, come sta facendo attualmente, «in una società post nazionale. Mi pare che questo cambiamento non porti niente di buono. Basti pensare alla francofobia e sessismo che regna in certe banlieue» ha ricordato lo studioso (che si è detto anche favorevole a regolare l'immigrazione in maniera più severa) in un'intervista a Midi Libre.


Ma l'altra critica che gli viene fatta è quella di coltivare un atteggiamento di nostalgia intellettual-sentimentale, tra l'altro per i valori di una vecchia Francia che di fatto non è stata la sua patria: «La nostalgia non è un crimine» ha commentato Finkielkraut «se la battaglia è persa mi si permetta almeno di essere nostalgico, ma soprattutto -ha concluso- non ho nessuna intenzione di arrendermi senza combattere».

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