La Camera riforma la legge sulle cure palliative e la terapia del dolore, ma è già polemica. «Siamo noi i malati. E la politica deve smetterla di decidere alle nostre spalle» dice Fabio Salvatore, autore del libro «Cancro, non mi fai paura», un volume autobiografico che racconta l'esperienza della malattia e la sofferenza dei pazienti affetti da tumore. Un libro che l'autore nei mesi scorsi ha deciso di donare gratuitamente ai malati ricoverati in molti ospedali italiani, facendosi anche promotore di una raccolta di fondi per aiutare le associazioni di volontari che affiancano i pazienti terminali.
Che cosa prevede la legge, approvata col voto unanime di maggioranza e opposizione? La creazione di una «rete per l'accesso alle cure palliative» e la definizione di «terapia del dolore» applicate alle «forme morbose croniche». Ma per averne diritto bisognerà rivolgersi alle strutture sanitarie esistenti. Le regioni dove gli hospice e le istituzioni territoriali non ci sono dovranno mettersi in regola presto, pena il commissariamento.
Tra le novità c'è anche la semplificazione delle prescrizione dei medicinali per il trattamento dei pazienti affetti da dolore severo. Non sarà più necessario da parte del medico utilizzare un ricettario speciale, ma il farmacista conserverà copia o fotocopia della ricetta. Alcuni principi cannabinoidi, che sono importanti per malattie come la Sla, sono stati inseriti nell'elenco dei farmaci. A Montecitorio ha anche deciso di stanziare 150 milioni di euro.
«Discutono di un sacco di cose, ma senza sentire il parere dei malati. Sarebbe un importante valore aggiunto», sottolinea Salvatore. «Si vantano di aver fatto una legge bipartisan - accusa - ma su quali basi? Come fanno a fare una legge senza sentire i malati. Parlano di umanità, di umanizzazione. Solo parole vuote di chi non sa esattamente che cosa vuol dire essere un malato». L'allarme lanciato dallo scrittore malato di cancro riguarda soprattutto la questione hospice e le associazioni di volontari: «L'istituzione dell'hospice è fondamentale, ma deve scegliere il malato. Quello che va sempre più incentivata è però l'assistenza domiciliare. Anche se il malato non è terminale. Bisogna finirla, poi - conclude - con questa strana forma di pietismo nei confronti dei malati. Il problema è che non abbiamo una cultura che accetta la morte e il dolore.
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