D’Alema riscrive l’11 settembre «Non è stato un atto di guerra»

Alessandro M. Caprettini

da Roma

«Rifiutare la logica della guerra al terrorismo». Parole e musica non di un black bloc reduce dalla manifestazione di sabato, ma di Massimo D’Alema. Che ieri, presentando assieme a Gianfranco Fini un libro sull’Irak della giornalista Rai Monica Maggioni, getta sul piatto della polemica già ribollente dopo la manifestazione romana, affermazioni che fanno discutere. Secondo il ministro degli Esteri non solo infatti è sbagliato procedere con gli eserciti nella guerra al terrorismo, visto che per lui «ciò finisce per favorire proprio il terrorismo», ma soprattutto l’attacco alle Twin Towers dell’11 settembre «non configurava un atto di guerra» perché la guerra «prevede che si affrontino Stati ed eserciti...». Platea sgomenta rispetto all’affermazione.
Davvero l’11 settembre non doveva esser considerato atto di guerra? E come metterla con l’articolo 5 del trattato Nato - che impegna tutti i soci, compresa dunque l’Italia - a rispondere all’attacco portato contro uno di essi? E non fu poi guerra a uno Stato, l’Afghanistan talebano, che offriva rifugio e protezione a Bin Laden e ai suoi? Gianfranco Fini non ci sta. «Non condivido quanto detto da D’Alema - fa sapere al termine dell’incontro - perché l’attacco alle Torri gemelle è stato un oggettivo atto di guerra. Non credo che se l’amministrazione Bush non avesse risposto noi oggi avremmo un mondo più sereno. Nemmeno io teorizzo lo scontro di civiltà o la necessità di una crociata - spiega ancora il presidente di An - ma qualcuno la guerra l’ha dichiarata e credo che anche senza la reazione degli Usa la jihad non se ne sarebbe stata con le mani in mano!». Ma D’Alema resta di parere diverso. «Contro il terrorismo - afferma - non serve una guerra ma una lotta. E soprattuto occorre uscire dalla logica delle crociate e tornare alla iniziativa comune da parte di tutta la comunità internazionale», come ad esempio si è scelto di fare in Libano «dove militari occidentali e di Paesi islamici sono fianco a fianco». Non è tutto. Per il titolare della Farnesina «non ci sono soluzioni facili né in Irak, né in Iran, né in Afghanistan. E comunque la prima soluzione da individuare è quella al conflitto israelo-palestinese che è la madre di tutte le guerre».
Non parla di ritiro delle nostre truppe, D’Alema. Ma è come lo facesse. La guerra non serve, dice. Parla di «lotta» al terrorismo sostenendo che bisogna ritrovarsi «attorno alle istituzioni» e che l’uso della forza può esser consentito ma a condizione che sia regolato «dal diritto internazionale». E infine il colpo a sorpresa: l’11 settembre non fu atto di guerra.
Il che provoca la reazione aspra del senatore azzurro Quagliariello che nota come la sua presa di posizione prefiguri «ignoranza» e, quel che è peggio, «una precisa opzione ideologica anti-americana e anti-occidentale.

Se quello non fu atto di guerra, tanto da far scattare per la prima volta nella storia l’articolo 5 del trattato Nato, come mai i nostri soldati si trovano ancora in Afghanistan? D’Alema - conclude Quagliariello - ha ragione solo su un punto: l’Europa non fa la guerra al terrorismo. Peccato che il terrorismo abbia già dichiarato guerra all’Europa».

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