Giulio De Santis è il Collina del rugby. E conosce bene i monitor del Television match official, ruolo che ha rivestito anche in occasione di due delicate partite del Sudafrica nel penultimo Tri Series.
In che cosa la moviola del rugby aiuta l'arbitro?
«La legge fondamentale per un arbitro è quella di arrivare il più presto possibile nel cuore del gioco. E se non vede se è stata segnata una meta, la moviola aiuta. Evitando anche qualche clamorosa protesta».
Secondo lei è applicabile in altre discipline sportive, come il calcio?
«Chiariamo, non si tratta della panacea per tutti i mali. Può risolvere i fatti palesi come quello della palla che balla sulla linea di porta ed è fondamentale per limitare le proteste aiutando l'arbitro. Sul momento il problema è risolto. I giocatori non protestano davanti alla prova video. Poi magari a posteriori si continua a discutere. Il calcio piuttosto dal rugby dovrebbe prendere la regola del cartellino giallo e dell'espulsione per dieci minuti. Ci sarebbe più correttezza e meno gente mandata a quel paese. Con un giocatore in meno saltano gli schemi. Una squadra non se lo può permettere a cuor leggero».
Ha dei limiti il mezzo tecnico, e quali?
«L'unico limite è rappresentato dal modo con cui viene usato. Nel rugby ci si ricorre solo in alcune circostanze (meta dubbia). Credo che estenderne l'applicabilità, come fanno oggi nell'emisfero sud, per verificare se ci sia stato un fallo oppure se sia stato corretto concedere una punizione, potrebbe avvicinare il rugby ad altre discipline sportive come il football americano dove il video è usato anche per verificare se una squadra ha raggiunto o meno il primo down».
Nel mondiale francese il ricorso sistematico alla moviola ha condizionato troppo larbitro che alla fine non giudica e si rimette sistematicamente al giudizio della tivù.
«È l'arbitro alla fine che decide.
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