Deficit, previdenza e manovra: la Ue non si fida del governo

da Roma

Guai a non procedere con la riforma delle pensioni targata Maroni, comprensiva di scalone! È un monito molto severo quello in partenza per Roma dagli uffici di Barroso. Ma non è tutto: nel documento messo a punto dai tecnici Ue e che sarà analizzato la prossima settimana dalla commissione, si dubita fortemente che il deficit sul Pil possa scendere alla soglia del 2,8, come previsto da Prodi e Padoa-Schioppa, tant’è vero che - al di là delle preoccupazioni verbali - si torna a far ricorso al mantenimento dell’articolo 104 punto 7 che è quello che si richiama quando il deficit è superiore al 3 per cento.
In sostanza a Bruxelles sanno perfettamente - come del resto ha ammesso il ministro Letta a Caserta - che ci sono ben «414 adempimenti» da concretizzare perché la Finanziaria abbia effetti positivi sul deficit. Ma mostrano di fidarsi poco della volontà del governo italiano di centrosinistra di adoperarsi in quel senso («Considerable risks are attached to the effectiveness of several measures included in 2007 budget»).
E non è tutto. Per la prima volta, si rileva che l’Italia non è stata capace di redigere il documento seguendo le indicazioni del codice di condotta. Un caso senza precedenti: nemmeno la Francia, che non include mai il tasso di disoccupazione (indicatore obbligatorio) era mai stata ripresa così duramente. E a tutto ciò occorre aggiungere che nel documento c’è un forte richiamo al governo di Roma perché «indichi con chiarezza» le misure da adottare nei prossimi anni visto che non gli è permesso navigare a vista («spell out the broad measures underlyng the adjustment path in 2007 and the outer years of the programme»), stante appunto la situazione deficitaria.
Ma al di là delle rampogne - tra le quali spicca quella relativa al fatto che la manovra, sia pur robusta è stata fatta tutta con aumento di tasse e contributi, senza affrontare il nodo delle riforme strutturali e, ancora, che si teme un dilatarsi sistematico della spesa sanitaria - il documento che la prossima settimana sarà vagliato dalla commissione nel suo complesso, è sulla partita pensionistica che si sofferma con attenzione. Si rileva che bene ha fatto il precedente governo a metter mano al sistema previdenziale. La riforma Maroni, in buona sostanza, permette di dare respiro alle finanze pubbliche sul medio/lungo periodo e di risolvere almeno in parte il problema dell’invecchiamento della popolazione. E a questo punto si fa capire che non solo la riforma non va cambiata di una virgola, ma che semmai saranno necessari ulteriori aggiustamenti sempre in quella direzione. Cosa che - si percepisce - il governo Prodi potrebbe non essere in grado di fare.
In sostanza se non è una clamorosa bocciatura, poco ci manca. Bruxelles chiede di non modificare la rotta pensionistica, reclama provvedimenti più incisivi per il risanamento del deficit, maggiore chiarezza di intenti per quel che riguarda il futuro in cui non si potrà più intervenire solo a colpi di imposte.

Ma a far più male è la sensazione diffusa di sfiducia che trapela dal documento, a partire dal mantenimento di quella procedura per deficit richiamata formalmente col mantenimento dell’articolo 104.7. Che vuol dire: la Ue non si fida del governo Prodi.

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