nostro inviato a Parigi
Il rischio di non riuscire a far ripartire il dialogo con la sinistra in Italia? Silvio Berlusconi fa spallucce: «Se ci sarà, meglio. Altrimenti si andrà avanti lo stesso. Abbiamo avuto un robusto mandato da parte degli italiani per governare, e governare significa decidere. Anche in tema costituzionale».
Non lo smuovono granché le liti e le smancerie di casa nostra che puntualmente qualcuno torna a sottoporgli anche durante impegni internazionali; anche perché per il premier italiano il vero problema è tutt’altro, come ha avuto modo di dire pochi attimi primi al tavolo dei 43 capi di Stato e di governo riuniti a un passo da place de la Concorde. «Il problema più grave ed urgente è il prezzo del petrolio. Serve un’azione convinta - tiene a puntualizzare - perché il rincaro del greggio, aumentato poi più del giusto nel trasferimento dai produttori ai consumatori, riduce il tenore di vita dei nostri connazionali, facilita l’acquisizione dall’estero delle nostre industrie, tira su il costo degli alimentari e in definitiva crea nuovi poveri».
Come rispondere al problema? Berlusconi una idea l’ha buttata sul tavolo al termine del suo intervento (definito «muscolare» da più di un presente). Organizzare un vertice dei Paesi consumatori - forse a Londra, visto che Gordon Brown gli ha detto di esser pienamente d’accordo con lui, nonostante la Gran Bretagna i suoi pozzi li abbia nel mare del Nord - in cui cercare di definire un «giusto prezzo» per il barile, da non superare. Un appuntamento da tenere «al più presto» da cui tra l’altro far partire un serio avvertimento: se i costi del greggio continueranno ad impennarsi, «ci sarà un massiccio progetto per creare centinaia di centrali nucleari di terza generazione, senza attendere la quarta».
Berlusconi sostiene che già questo annuncio potrebbe costituire «un deterrente» a nuove impennate del barile. Ma che sul nucleare voglia agire al più presto non è una scoperta. La novità sta nel fatto che le sue parole sono state accolte da applausi convinti dei presenti. E che tra i primi a convenire con lui sono stati Sarkozy e Mubarak, co-presidenti della Unione per il Mediterraneo battezzata giusto da poche ore.
Proprio nell’Upm Berlusconi - che non la vede antagonista della Ue ma complementare - spera, al pari del presidente francese, perché renda finalmente possibile la pace in Medio Oriente. Ha riproposto Erice come possibile sede per le ultime messe a punto tra palestinesi ed israeliani e, anche se l’ha definita «una brutta gatta da pelare», si è financo offerto di coadiuvarli nelle battute finali, vista la sua vicinanza ad Arafat e i suoi foraggiamenti ad Al Fatah, nati ai tempi di Craxi («Da privato ebbi a sostenere, anche economicamente, Arafat quando Craxi vedeva in lui un protagonista credibile del processo di pace», ha detto il premier), sia la sua grande amicizia con gli israeliani che avrebbe voluto vedere fare ingresso nella Ue. E comunque Berlusconi è convinto che il traguardo è vicino. Perché Olmert (che incontra stamane) sembra deciso all’accordo che porterà alla creazione di uno Stato palestinese sia per «la serietà di Abu Mazen», sia per «la richiesta di Bush di arrivare alla firma prima della fine del suo mandato». E perché nel mondo arabo si intravede un clima diverso rispetto al più recente passato. Il premier ha poi annunciato di aver «garantito il nostro pieno sostegno» al capo del governo turco Erdogan circa l’appoggio dell’Italia per l’ingresso di Istanbul nell’Ue.
Le richieste di chiarimento al premier - subito dopo il suo racconto della giornata, arricchito dalle spiegazioni del sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, per la quale la possibile sede dell’Ump potrebbe forse essere Tunisi - vanno però fatalmente ad incagliarsi nella situazione politica nazionale. Bossi dice che vuole il dialogo? «Farebbe comodo e sarebbe sempre il benvenuto, anche se i nostri interlocutori si illustrano in modo assai diverso da chi dovrebbe voler dialogare...». Meglio forse presentarsi con proposte concrete alla mano e verificare a quel punto se a sinistra vogliono discutere o meno, invece che baloccarsi su dialogo-sì, dialogo-no? «Io - tiene a far sapere a questo punto Berlusconi - non è che ho mai pensato a questo dialogo con preoccupazione. C’è? Bene. Non c’è? Bene lo stesso. Abbiamo ricevuto un robusto mandato dagli italiani per governare...».
Un deciso tiremm innanz che vale anche e soprattutto in relazione alle spinose questioni costituzionali. «Perché noi un programma in materia lo abbiamo presentato e vogliamo concretizzarlo», annota lapidario il premier.
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