Dietro al vescovo negazionista un complotto contro il Papa

In Vaticano gira un dossier sul caso del vescovo lefebvriano Williamson: l’intervista in cui mette in dubbio la Shoah sarebbe stata strumentalizzata da ambienti anti Ratzinger. Lo strano ruolo di due giornaliste francesi vicine ai massoni

Dietro al vescovo negazionista 
un complotto contro il Papa

Roma - È un dossier ufficioso, di poche pagine, dedicato alla genesi del caso Williamson, molto letto in questi giorni nei sacri palazzi. Un dossier che ha raggiunto le scrivanie che contano oltretevere e che mette insieme date e circostanze, lasciando intendere che quanto avvenuto nei giorni scorsi non sia solo frutto di una serie di coincidenze. La realizzazione e poi la messa in onda dell’intervista del prelato che negava le camere a gas e la realtà dei milioni di ebrei morti nella Shoah, alla vigilia della revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani - secondo il dossier - sarebbe stata in qualche modo «pilotata» da ambienti che volevano mettere in difficoltà Benedetto XVI. Ambienti che sarebbero stati aiutati da qualche oppositore interno, contrario alla riconciliazione con la Fraternità San Pio X.

Nel rapporto non si minimizzano le assurde parole pronunciate da Williamson, né l’ulteriore gravità della coincidenza temporale con il Giorno della Memoria, che ha particolarmente ferito la sensibilità del mondo ebraico, ma si lascia intravedere la possibilità che vi siano stati interventi mirati a creare il caso. Williamson, si legge nel dossier, viene intervistato il 1° novembre 2008 «presso il seminario bavarese della Fraternità San Pio X». Il vescovo si trova a Ratisbona, dov’è giunto per ordinare prete un pastore protestante svedese. Il vescovo viene raggiunto dal giornalista Ali Fegan, della trasmissione televisiva «Uppgrad Gransking» («Missione Ricerca»). Parlano un’ora. A un certo punto, Fegan richiama alla memoria di Williamson certe dichiarazioni negazioniste sulle camere a gas, rilasciate molti anni prima in Canada. Il vescovo risponde dicendo le enormità che sappiamo, sapendo che le sue parole, in quel Paese, rappresentano un reato: «Per le cose che dico potreste portarmi in carcere visto che siamo in Germania...».

L’intervista va in onda il 21 gennaio, lo stesso giorno della firma del decreto di revoca della scomunica. Gli autori del programma assicurano che si è trattato di una coincidenza, mentre il «dossier Williamson» non esclude la possibilità che la notizia della revoca della scomunica sia stata fatta in qualche modo arrivare alla televisione svedese. Nel corso della trasmissione viene intervistata anche la giornalista francese Fiammetta Venner, nota attivista del movimento omosessuale, impegnata in campagne «pro choice». Insieme alla compagna Caroline Fourest – con la quale condivide molte battaglie anticlericali nonché la vicinanza al Grande Oriente di Francia – nel settembre scorso, alla vigilia della visita di Benedetto XVI a Parigi e Lourdes, aveva dato alle stampe un volume intitolato Les Nouveaux Soldats du pape. Légion du Christ, Opus Dei, traditionalistes, durissimo contro Papa Ratzinger e contro i lefebvriani, accusati di connessioni con l’ambiente politico dell’estrema destra francese. Il dossier insiste sulla genesi francese del caso e sul ruolo avuto da Venner e Fourest nell’intera vicenda. Il 20 gennaio, alla vigilia della messa in onda, il settimanale tedesco Der Spiegel anticipa i contenuti dell’intervista. E arriverà pure a scrivere che «il Consiglio Centrale degli ebrei in Germania» fosse «stato informato» in precedenza delle dichiarazioni negazioniste del vescovo.

Ormai il decreto è già scritto ed è stato personalmente consegnato dal cardinale Giovanni Battista Re nelle mani di monsignor Bernard Fellay, il superiore della Fraternità San Pio X, convocato a Roma per l’occasione. Dunque, quando la notizia dell’intervista di Williamson comincia a diffondersi, non è più possibile correre ai ripari. Il 20 gennaio la diocesi cattolica di Stoccolma e il superiore dei lefebvriani tedeschi pubblicano due distinti comunicati per deplorare le dichiarazioni di Williamson e condannare ogni forma di antisemitismo. La notizia è ormai di dominio pubblico, ma la sua portata e soprattutto le sue conseguenze non vengono avvertite nei sacri palazzi.

Un intricato «giallo», insomma, oppure una serie di

coincidenze? Il dossier fatto circolare in Vaticano non contiene prove, si limita a confrontare ipotesi e dati di fatto. Di certo però non sono in pochi, oltretevere, a pensare che il «caso Williamson» non sia stato un caso.

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