L'Artico da tempo è tornato a essere centrale nel confronto tra Russia e Nato, e non solo per via del riscaldamento globale che molto probabilmente permetterà il passaggio di naviglio lungo le rotte settentrionali che passano al largo della Siberia, mettendo così in comunicazione l'Asia con l'Europa attraverso un'ulteriore via di comunicazione che non attraversa aree di crisi come lo Stretto di Bab el-Mandeb.
Il rilancio dell'attività nell'Artico è stato inaugurato dalla Russia con il riavvio di una politica per quella regione fredda e inospitale da troppi anni relegata nel dimenticatoio post Guerra Fredda. Per Mosca, infatti, i mari e i territori a nord del Circolo Polare Artico rappresentano una frontiera, oltre che una risorsa, da difendere e controllare per la sicurezza nazionale.
Restando nel campo della Difesa, facilmente si potrebbe pensare che il “riarmo” dell'Artico russo si sia reso necessario dal deterioramento dei rapporti con gli Stati Uniti e l'Occidente, ma collateralmente al Cremlino si sono resi conto che avere una presenza militare stabile, credibile, e pertanto efficace, in quella regione funge anche da deterrente per le rivendicazioni territoriali cinesi sulla Siberia orientale, mai dimenticate da Pechino nel corso degli anni.
Com'è ovvio gli Stati Uniti e la Nato, per controbilanciare il ritorno della presenza militare russa in quella regione, hanno avviato una serie di provvedimenti per ripercorrere la strada del Grande Nord, e in quest'ottica diventa fondamentale non solo saper affrontare il warfight in quelle particolari condizioni ambientali, ma anche saper efficacemente collegarsi con gli alleati europei che hanno territori intorno al Circolo Polare Artico.
Sono ormai ben note le diverse mosse attuate dall'Alleanza Atlantica nel corso degli ultimi 10 anni per riprendere l'attività di sorveglianza e deterrenza nei confronti della Russia in Scandinavia, Islanda e nei relativi mari: esercitazioni navali e terrestri, ridispiegamenti di assetti aerei strategici in basi molto a nord, senza dimenticare i pattugliamenti aeronavali.
Tra le varie esercitazioni che gli Stati Uniti stanno effettuando con alcuni alleati “artici”, è di particolare interesse Arctic Shock, cominciata proprio lo scorso lunedì 18 marzo. Alcuni dettagli di queste manovre, effettuate insieme alla Norvegia, sono stati forniti direttamente dall'U.S. Army in uno scarno comunicato stampa in cui si legge che i paracadutisti dell'11esima Divisione aviotrasportata hanno effettuato un lancio in Norvegia partendo dalla proprie basi in Alaska e passando direttamente sopra il polo. Arctic Shock 24 vede l'impiego di circa 130 soldati statunitensi e circa 100 delle forze armate norvegesi con lo scopo di migliorare le capacità di comando e l'interoperabilità tra le forze statunitensi e norvegesi.
Ovviamente il focus è esercitarsi sul campo mettendo in pratica le abilità di combattimento in climi freddi, dimostrando nel contempo l'impegno degli Stati Uniti a difendere l'estremo nord insieme alla Norvegia, che è tornata a essere il perno intorno a cui ruota la strategia statunitense nell'Artico anche grazie a nuovi accordi diplomatici bilaterali per l'utilizzo di basi aeree e navali.
Negli ultimi tre anni, l'11esima divisione aviotrasportata di base in Alaska ha lavorato per riacquistare competenze e conoscenze per l'impiego nell'Artico che erano state in parte perse negli anni passati concentrandosi altrove, ha dichiarato il generale Brian Eifler, comandante generale dell'unità di paracadutisti. “Abbiamo collaborato con paesi come Norvegia, Canada, Finlandia e Svezia in esercitazioni per migliorare sia nel saper combattere che nel lavorare in interoperabilità con i nostri alleati e partner per portare a termine qualsiasi missione in questo ambiente. Ed è un ambiente difficile”, ha continuato Eifler.
Con l'aumento dell'attenzione degli Stati Uniti sull'Artico e dell'impegno nella regione, l'esercito americano ha riattivato l'11esima divisione aviotrasportata nel 2022 in una mossa in linea con la strategia artica delineata dall'U.S. Army nel 2021, che rispondeva alla necessità di rifocalizzarsi e analizzare le opzioni per ricostruire le capacità artiche a causa, tra le altre cose, dei cambiamenti nell’ambiente geopolitico.
L’esercito Usa ha una lunga storia di attività nel Grande Nord, ma le competenze sono andate perdute con i cambiamenti derivanti dalla guerra al terrorismo e dalle necessarie operazioni all’estero.
L'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato ha reso la penisola scandinava – e il Mar Baltico – un “cortile” dell'Alleanza Atlantica e siamo convinti che Washington sfrutterà maggiormente i due recenti membri per preposizionare ulteriori forze che sino a poco tempo fa erano relegate solo alla Norvegia e all'Islanda, quest'ultima tornata a essere fondamentale per la sorveglianza del Giuk Gap, il braccio di mare tra Groenlandia, Islanda e Regno Unito che rappresenta un passaggio obbligato per la Flotta russa del Nord per accedere all'Oceano Atlantico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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