La Repubblica Popolare Cinese (Rpc), sta accelerando lo sviluppo di droni del tipo “ala volante”. Immagini satellitari di una segreta base dell'aviazione cinese (Plaaf – People's Liberation Army Air Force) ottenute da The War Zone offrono nuove prove di un maggiore impegno nello sviluppo del GJ-11 “Sharp Sword”, un Ucav (Unmanned Combat Air Vehicle) ad ala volante. Il GJ-11, da quello che sappiamo, è un drone da combattimento che potrebbe essere adatto alle future operazioni imbarcate, e si ritiene faccia parte della famiglia loyal wingman, o droni collaborativi per cacciabombardieri.
Recentemente, sono apparsi online filmati amatoriali che dimostrano come la Plaaf abbia intrapreso la strada si sviluppare diverse versioni di questi particolari droni: oltre al GJ-11, è stato ripreso anche il CS-5000T “Cloud Shadow” mentre effettuava quello che è sembrato un volo di prova.
Questi sforzi della Rpc nell'ambito dei droni da attacco ad ala volante, contrasta col “silenzio” mediatico che proviene dagli Stati Uniti nello stesso ambito: al momento il Pentagono non sta perseguendo progetti simili, almeno per quanto ne sappiamo. La soluzione di avere un drone da combattimento collaborativo (in inglese Collaborative Combat Aircraft – Cca), è stata intrapresa da tempo anche dalla Russia: sappiamo, grazie alle informazioni diffuse dal ministero della Difesa russo e dai filmati apparsi in questi anni, che il bureau di progettazione Sukhoi sta sviluppando l'S-70 Okhotnik-B (che dovrebbe affiancare il caccia Su-57 di quinta generazione), ma come spesso accade quando si parla di velivoli russi, nonostante gli annunci sulla sua imminente produzione in serie rilasciati a inizio del 2024, è probabile che il drone arriverà ai reparti (se arriverà) alla spicciolata: del resto, già nel 2019 il ministero della Difesa russo aveva affermato che sarebbe entrato il servizio nel 2020.
L'accoppiamento di velivoli manned-unmanned permetterebbe di effettuare operazioni in ambienti altamente contestati, soprattutto grazie alle caratteristiche stealth, con una maggiore percentuale di successo col vantaggio che la vita di un minor numero di piloti verrebbe messe a repentaglio. Questa soluzione, allo studio in diversi Paesi (Stati Uniti, Russia, Cina, Regno Unito, Francia), pone delle sfide ingegneristiche date dal livello di automazione che si vuole ottenere e fa parte dei requisiti per i caccia di sesta generazione; inoltre si stanno studiando diversi disegni di fusoliera che non comprendono solo la struttura ad “ala volante”.
Gli Stati Uniti non hanno droni ad “ala volante” del tipo Cca in fase di sviluppo attivo, almeno per quanto ne sappiamo, e l'interesse noto per progetti di questo tipo è scomparso all'interno delle forze armate americane.
Tutto questo nonostante l'ampio lavoro finanziato in passato. La U.S. Navy ha condotto test molto approfonditi con l'X-47B, abilitato per le operazioni imbarcate, e come ci ricorda ancora The War Zone, per un certo periodo esso sembrava destinato a essere il precursore di una nuova flotta di piattaforme stealth senza pilota da attacco e ricognizione per le portaerei statunitensi, prima che venisse abbandonato per passare a un piano di acquisizione per droni da aerofornimento con capacità Isr (Intelligence, Surveillance, Reconnaissance) secondarie, che ha portato al MQ-25 “Stingray” della Boeing. In termini di droni da combattimento aereo di prossima generazione, la marina Usa, così come l'aeronautica, stanno attualmente concentrando la loro attenzione su progetti a basso costo destinati a lavorare a stretto contatto coi cacciabombardieri, come abbiamo detto.
C'è però la possibilità che un velo di
assoluta segretezza sia calato sul lavoro che gli Usa starebbero svolgendo sugli Ucav stealth, ma non è chiaro quanto reale possa essere quest'opzione stante la lettura dei bilanci per la Difesa statunitense.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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