Nei giorni scorsi un drone militare sudcoreano impiegato in una missione di sorveglianza conseguente al lancio di un missile balistico intercontinentale da parte di Kim Jong Un si è schiantato nei pressi del confine con la Corea del Nord. L'episodio si sarebbe verificato la scorsa settimana anche se i media di Seoul ne hanno parlato soltanto adesso. Il velivolo senza pilota in questione, di costruzione israeliana e denominato Heron, è precipitato lo scorso sabato nei pressi delle acque di Yangju, a circa 25 chilometri a nord-est della capitale della Corea del Sud. Lo Uav sarebbe caduto mentre stava rientrando alla sua base e dopo aver completato una missione di sorveglianza.
Il drone caduto vicino al confine con la Corea del Nord
Secondo quanto riportato da Yonhap, la comunicazione con il drone è andata persa intorno alle 2 di notte di sabato 2 novembre. Il velivolo, recuperato dai militari circa 15 ore più tardi, sarebbe stato utilizzato per monitorare la zona di confine intercoreana dopo che Pyongyang aveva testato il temibile Hwasong-19. La vicenda che ha coinvolto lo Uav non ha causato vittime anche se è in corso un'indagine per capire la causa precisa dell'incidente. Si è trattato di un guasto o qualcuno ha appositamente messo fuori gioco il mezzo di Seoul? In un incidente simile, la scorsa settimana un altro drone militare del Sud si è schiantato a Gimpo, a ovest della capitale.
Questi incidenti lasciano intendere che la Corea del Sud sta sfruttando il più possibile i suoi droni per rafforzare la sorveglianza delle attività militari nordcoreane. L'uso di velivoli del genere, tra l'altro, è diventato sempre più un punto di scontro con Pyongyang. Ricordiamo che a ottobre la Corea del Nord aveva affermato di aver trovato il relitto di un drone sudcoreano nella propria capitale, sostenendo un presunto coinvolgimento del governo sudcoreano in quell'incursione.
La leadership nordcoreana ritiene che i droni di Seul sarebbero entrati nello spazio aereo di Pyongyang in almeno tre occasioni per distribuire volantini di propaganda anti Kim, avvertendo che sarebbero state prese misure di ritorsione se tali operazioni fossero continuate. Tuttavia, il ministero della Difesa della Corea del Sud ha respinto le accuse come infondate, aggiungendo che le affermazioni non erano degne di ricevere una risposta formale.
Ai ferri corti
La Corea del Sud non ha intanto escluso di fornire armi direttamente all'Ucraina, dopo l'invio di militari nordcoreani a sostegno dei soldati russi. Il presidente sudcoreano, Yoon Suk Yeol, ha segnalato un possibile cambiamento nella posizione di Seoul sulla questione. "Ora, a seconda del livello di coinvolgimento della Corea del Nord, adegueremo gradualmente la nostra strategia di sostegno in fasi. Ciò significa che non escludiamo la possibilità di fornire armi", ha dichiarato Yoon in una conferenza stampa.
Resta alta l'allerta anche sui test “casalinghi” di Kim. Tra il 31 ottobre e il 1 novembre la Corea del Nord ha testato un nuovo missile balistico intercontinentale. Pyongyang lo ha presentato come il più grande fin qui mai lanciato: l'Hwasong-19 a combustibile solido potrebbe rappresentare un passo in avanti effettuato dal Paese verso l'utilizzo di futuri missili a testata multipla.
Con questa mossa Kim ha presumibilmente cercato di attirare l'attenzione di Washington pochi giorni prima delle elezioni Usa e risposto alla condanna per la segnalazione di truppe inviate in Ucraina. Soprattutto, Pyongyang ha dimostrato un (potenziale) progresso nella capacità del suo esercito di lanciare attacchi nucleari a lungo raggio in territorio statunitense.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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