Due euro per la musica. E sei di burocrazia

La burocrazia a volte è cervellotica, altre oltrepassa i limiti del buon senso e sbalordisce il cittadino. È il caso della Società Consortile Fonografici, un contributo che devono versare i titolari di bar, discoteche e tutti quelli che trasmettono musica. La legge istitutiva, nata nel lontano 1943 e modificata con decreto del Re, ha fatto un profondo sonno fino al 2006, quando, dopo alcuni ritocchi legislativi per salvaguardare il diritto d’autore, è stata riesumata. Risultato: i gestori dei pubblici esercizi si sono a dir poco irritati. Ma come - dicono in coro -, sborsiamo già una bella cifra alla Società Autori e Editori, coloro i quali hanno un televisore nel locale pagano il cosiddetto abbonamento speciale, adesso anche questa novità? Il caso emblematico arriva da Nova Milanese.
Giovanni Tramontana ha una sala da ballo frequentata prevalentemente da persone di mezza età: passano una serata tra un tango, un valzer ed una polka. Niente luci accecanti, neppure l’ombra d’altoparlanti che sparano decibel da romperti i timpani. «Questo mese – racconta – l’impiegata dell’associazione commercianti, alla fine di un laborioso e intricato conteggio, mi ha confermato la cifra da versare: due euro e 58 centesimi. Un importo irrisorio, ma sentite la trafila che devo fare per mettermi in regola. Andare in banca a fare l’accredito, tre euro di spese bancarie, allegare la ricevuta alla dichiarazione e quindi via all’ufficio postale per spedire l’immancabile plico. Altri tre euro per la raccomandata». Accidenti, le spese superano i diritti da versare? «Non me lo dica. Eppure – continua Tramontana - quello m’importa relativamente. Il fatto che più mi fa perdere le staffe è quello che devo perdere almeno un’ora del mio tempo in banca e in posta. Abbiamo telefonato alla società fonografici per capire se si poteva eseguire il pagamento una volta l’anno, magari con gli interessi, o almeno ogni sei mesi: sapete qual è stata la risposta? Niente da fare. Per evitare sanzioni, cause legali e beghe varie è obbligatorio calcolare la cifra e pagare ogni trenta giorni. Pazzesco. Come se non avessi nulla da fare».


Una chicca, precisano quelli della «Fonografici», la leggina resuscitata dai tempi del Duce, impone che è obbligato a pagare pure chi inserisce qualche musichetta da far ascoltare, quando aspetti al telefono che il centralinista ti passi la persona desiderata. La cifra? Boh. Forse qualche centesimo. Ovviamente più bonifico e raccomanda. Meglio zittire il ricevitore. Muto.

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