Pechino - Nuota nell’acqua e guizza nelle polemiche: Filippo Magnini è in forma. Parte il nuoto, non solo Phelps. Filippo Magno, re (in coabitazione col canadese Hayden) dei cento metri, si è portato la corona in valigia e la voglia di stupire in tasca. Anzi nella muta dei miracoli che, però, non gli piace: gli sembra di turlupinare se stesso e lo sport.
Ha cambiato sponsor tecnico per sentirsi alla pari con gli altri, ieri ha nuovamente testato l’impianto della piscina, quell’appariscente cubo di bolle d’aria che domina la scena della cittadella olimpica, ha rivisto Alain Bernard, il francese dai muscoli gonfi come un culturista (forse) e il primato del mondo in bacheca. Sui giornali si sono scambiati punture e buffetti non proprio da amiconi. Faccia a faccia è stato diverso. Lo chiarisce anche ad un giornalista francese. «Ci siamo spiegati e capiti. Io non ho dette certo cose e lui certe altre. Ormai non ci casco più. Controllo di persona. Una volta non era così, ma qui siamo all’Olimpiade e sembra di vivere nel calcio».
Ma se fosse atletica, potrebbe essere Ben Johnson (Bernard) contro Carl Lewis (Magnini). Ovviamente in quanto a fisico, le pare?
«Niente affatto. Spero abbiate torto. Tutti e due hanno avuto storie di doping. Lo hanno ammesso entrambi, se non sbaglio. O, comunque, si è saputo. Certo vincere come Lewis, che ha conquistato quattro ori olimpici, sarebbe bellissimo. Ma conta non essere dopati. Spero si parli solo di Magnini contro Bernard».
Magnini è in forma? L’appuntamento è per martedì e mercoledì prossimo. Finale nella mattina di Pechino...
«Sono tranquillo, sono qui per fare quello in cui credo. Non vedo l’ora di buttarmi in acqua».
Dice Phelps che la piscina è straordinaria...
«Come paragone ho solo quella di Atene ed effettivamente questa è bellissima. Però mi hanno detto che è superiore anche a quelle di altre olimpiadi. Per adesso mi piace tutto: villaggio, ambiente, situazione».
Saranno i cento metri più difficili della sua storia? Anche se ha vinto due campionati del mondo?
«Credo proprio di si, tutti s’aspettano che completi l’opera con l’olimpiade. Insomma che vinca. Ma gli avversari sono tanti e sullo stesso livello: nella finale mondiale di Melbourne eravamo tutti racchiusi in tre decimi».
Poi c’è la storia del costume che fa filare di più. Ha cambiato sponsor, si è affidato a quello che colleziona atleti e prestazioni da record, per sentirsi pari agli altri anche psicologicamente?
«Vengo da due successi mondiali, ho lavorato tanto, non posso cadere sulla buccia di banana. Agli europei di Eindhoven ero indietro, ora nei tempi siamo tornati alla pari».
Ma con quei costumi è finito il nuoto a cui credere?
«No, non finito, però ci sarà un’escalation. Ciascuno studierà qualcosa di più e gli atleti saranno sempre messi in difficoltà».
Il costume è una sorta di doping?
«Non proprio, ma certo è un’aiuto. Non si sa quanto ci migliora, sono solo sensazioni. Certo non aiuta lo sport. Credo che bisognerà tornare a nuotare con il costumino, alla faccia degli interessi pubblicitari. Non si può parlare solo di soldi. In quel caso potevo laurearmi e fare l’ingegnere».
Il costumino sarebbe un ritorno all’antico. Sembra impossibile in questi tempi...
«Noi atleti crediamo allo sport e a quello che facciamo. Dovremo fare una scelta, se nessuno penserà a tutelarci. La decisione dovrebbe partire dall’alto, ma ne abbiamo già parlato: dopo le olimpiadi torniamo al costumino e chisseneimporta dei contratti. Anche gli americani si stanno muovendo in questa ottica».
E lei pensa che uno come Phelps rinuncerà a cuor leggero ai contratti?
«Lui più di altri. Magari incassa 10 milioni di dollari nel resto. Cosa volete che sia perdere i danari per il costume? Non è un problema per i grandi atleti. Sarà peggio per chi ha solo quella entrata. Anch’io non posso guardare a centomila euro in più, se tengo al mio sport».
A proposito di entrate: andrà all’Isola dei famosi, anche se diventa campione olimpico?
«Mi è stata offerta. Sono quelle cose che capitano ai grandi atleti italiani. La proposta mi piace, ma non ho ancora firmato. E non è vero che il mio tecnico non sapeva niente».
Operazione ad arte per mettervi contro?
«In Italia si gode a metter zizzania. Ma hanno fatto un buco nell’acqua. Dopo l’Olimpiade deciderò. Ma l’idea di fare l’inviato speciale mi affascina».
Sono i Giochi delle grandi sfide: Nadal-Federer nel tennis, Messi-Ronaldinho nel calcio, Bolt-Gay nei 100 metri, Magnini-Bernard nei 100 stile libero. Giusto?
«No, qui è Magnini contro tutti. Ce ne sono almeno altri altri sette che possono vincere. Ne dico alcuni: Sullivan e Bernard, il brasiliano Cielo, l’americano Lezak. I 100 stile sono la sfida più emozionante ed anche la più difficile del nuoto. Come i 100 metri nell’atletica: gare regine. Nessun titolo ha così fascino, non gli stanno dietro nemmeno gli otto ori che potrebbe vincere Phelps».
E se vincesse Magnini?
«Sarebbe la consacrazione. In quattro anni avrei conquistato tutto: due mondiali e l’olimpiade. Sarebbe difficile imitarmi».
E allora potrebbe togliersi anche il costume.
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