I distributori di carburante in Italia sono più o meno 20mila, quelli piazzati lungo il corso di autostrade e tangenziali oltre 450. Per tutti il blocco della circolazione legato all'emergenza coronavirus è stata una mazzata. Per le stazioni di servizio autostradali il colpo è stato ancora più forte: la riduzione delle vendite complessiva è stata dell'85/90%. Non è un caso che siano stati questi ultimi una decina di giorni fa, a minacciare una sorta di chiusura-serrata.
A fare la differenza tra le stazioni di servizio cittadine e quelle autostradali è la struttura dei costi. «Chi lavora in città ha strutture più piccole e flessibili che possono rimanere aperte modulando gli orari anche con una persona», spiega Stefano Cantarelli vice-presidente di Anisa Confcommercio, l'associazione di settore. «In autostrada c'è l'esigenza di rimanere aperti 24 ore al giorno e i turni richiedono l'impegno di almeno quattro/cinque addetti, ma di solito si parla di stazioni di servizio con un personale che va dalle sei/sette persone alle quindici». Oggi non si vende più nulla, ma gli stipendi vanno pagati ugualmente. In più bisogna calcolare le royalties incassate dai concessionari autostradali per l'occupazione degli spazi. Si tratta di circa dieci centesimi al litro a cui si aggiungono altri tre centesimi di costi generali aggiuntivi (e di 13 centesimi al litro è in media il costo supplementare di un litro di benzina comprato in autostrada).
Per scongiurare il possibile sciopero lunedì scorso il ministro per lo Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha convocato una mega riunione con tutti i protagonisti del settore, dai sindacati dei gestori fino alle compagnie petrolifere. Il primo provvedimento ipotizzato per fare fronte alla crisi è stata la sospensione delle royalties incassate dalle società autostradali. In un primo tempo i concessionari (che negli ultimi 15 anni hanno incassato dai benzinai circa 5 miliardi) sembravano possibilisti. Poi hanno fatto marcia indietro rispetto a ogni tipo di accordo generale scegliendo la strada di eventuali intese caso per caso. Ai rappresentanti dei benzinai non è restato che spedire una lettera di fuoco al ministro Patuanelli, in cui si deplora la «scarsa affidabilità» delle società autostradali e si annuncia la progressiva chiusura delle stazioni di servizio, «non per protesta o per sciopero ma per mancanza di liquidità che impedisce il regolare approvvigionamento».
«L'efficacia di un intervento di sostegno è anche e soprattutto una questione di tempo», dice Cantarelli. «Vista la situazione tra quindici giorni le nostre stazioni saranno tutte chiuse».
Anche perché, aggiunge il vice presidente di Anisa, il settore si porta dietro l'eredità di un mercato che è calato molto negli anni: «Ai tempi del governo Monti si decise di aumentare le accise. Come avevamo anticipato i consumi calarono. Lo Stato non ci guadagnò, le nostre vendite passarono da 4 miliardi di litri a 1,5».
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