E Fiorello canta "la casetta di Gianfrà"

Mentre i comici "impegnati" si censurano lui non resiste a uno sfottò sull'inchiesta dell'estate: la casa di Montecarlo

E Fiorello canta "la casetta di Gianfrà"

No, no la notizia non è che Fiorello ieri si sia inventato una canzoncina sarcastica su Fini e la sua casetta a Montecarlo. La notizia è che, nel clamoroso silenzio dell’interessato, di questa gabola immobiliare si è occupato persino il migliore dei mattatori, l’unico che la politica no, signora mia, quella non fa per me. E invece. Ieri a Gran Varietà su RaiRadiouno (complimenti al palinsesto) parlando al telefono con il conduttore Gianluca Guidi, figlio di Lauretta Masiero e Johnny Dorelli, Fiorello ha canticchiato papale papale: «Avevo una casetta a Montecarlo, che vuoi fà/ Me l’hanno regalata solo come eredità/ e Vittorio Feltri che passava poi di là/ Diceva “che culo che c’ha avuto sto Gianfrà”...». E giù risate, mentre sullo sfondo scivolava il pianoforte del maestro Cremonesi.

Finora è sempre stato che Fiorello ululì e la politica ululà, per dirla alla Marty Feldman in Frankenstein Junior, una da una parte e l’altro dall’altra, come oltretutto dovrebbero sempre fare i veri comici (e una volta facevano tutti, da Totò a Bramieri). Stavolta no. In fondo i Tullianos, con tutti i loro magheggi transnazionali, sono stati il vero tormentone dell’estate, roba da commedia all’italiana trasmessa però ovunque, sulle spiagge o in coda al casello, una vacanzavisione che è durata oltre un mese in Hd, share altissimo per giunta. Roba che la satira, perdiana, ci dovrebbe saltar su come Gentile su Maradona al Mundial, a piedi uniti e vada come vada. Ma figurarsi: siamo in Italia, la satira, si sa, ha una porta sola, Berlusconi, e quindi sul «Finigate» tutti zitti zitti.

Invece stavolta Fiorello ha fatto il Pasquino, ha detto una pasquinata nuda e cruda, è diventato come la smozzicata statua dietro Piazza Navona, famosa perché i romani ci appendevano i loro versetti contro il potere di lorsignori, arrogante e silenzioso. Scrivevano le cose che tutti si chiedevano e nessuno aveva il coraggio di rispondere, per carità, meglio stare zitti, altrimenti sai che guai. Allora come oggi, nessuno rispondeva.

E difatti nessuno risponderà neanche ai frizzi e lazzi che ieri Fiorello ha srotolato su Fini e compagnia bella in diretta radio, diluendo i versetti finiani in uno sgocciolìo di battute perché lui è uno così, mica si ferma: «Ho letto che Gaucci ha fatto 6 al Superenalotto, la fortuna oltre che cieca è pure stronza». Oppure: «Io ci scherzo con Fini perché due palle la casa a Montecarlo, ti passa il Gran Premio da sotto. Poi vado a fare la spesa e ti passa Massa davanti». Tutte mitragliate come se niente fosse, il solito Fiorello, credibile perché mica è Crozza o Vergassola che ballano sempre lì, sul mattone di Silvio qui e Silvio là, praticamente fotocopiati e fotocopianti da quindici anni. Essendo uno showman con specializzazione in risate (vere), si tuffa dove c’è ciccia e dove sa di incontrare l’attesa del pubblico.

E fin qui, direte, è il suo mestiere. Però, più della canzoncina in sé, conta che anche lui, il più apartitico di tutti, abbia sentito il bisogno (dai, anche il sottile piacere) di scherzare sulla tragicomica telenovela di un presidente della Camera che, dopo aver accatastato pile e pile di discorsi sulla legalità sacrosanta, ancora oggi non abbia spiegato il perché dell’alloggio dove «ti passa il Gran Premio sotto». Già.


E poi forse, se proprio bisogna criticare pure Fiorello, non è per forza vero, come si è lasciato sfuggire ieri, che «il politico oggi se ha qualche scheletrino nell’armadio, viene fuori solo quando serve». In realtà qualche volta basta una semplice inchiesta giornalistica. Solo quella.

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