Mentre il «dissenso», senza offesa per i veri dissidenti, esprime le solite idee nel corso d'incontri dove tutti danno ragione a tutti, il confronto va in scena nel Padiglione italiano. I contestatori, guidati da Paolo Giordano, ma la star è Antonio Scurati, discutono di estrema destra, censura e democrazia a rischio nel Frankfurt Pavilion. A duecento metri, nell'agorà italiana disegnata da Stefano Boeri, si svolgono, e sono previsti per i prossimi giorni, numerosi dibattiti all'insegna del pluralismo. «Patria e nazione, destra e sinistra» fa dialogare Alessandro Campi e Andrea Romano. «I doveri della cultura» schiera Marco Tarchi, Giacomo Marramao e Francesco Borgonovo. «Russia ed Europa» coinvolge Gennaro Malgieri e Luciano Mecacci. «La religione e le radici» è un dialogo tra Rav Scialom Bahbout e monsignor Francesco Moraglia. Abbiamo sentito parlare senza sosta, in questi giorni, della cultura che salva il mondo, la libertà e la pace. È il libro dei sogni, anzi degli incubi. Quando il dibattito langue, la cultura soffoca. Quando le si affida una missione, la letteratura soffoca. In realtà la cultura, letteratura inclusa, divide quando è profonda. Non consiste nel darsi ragione a vicenda e nello scomunicare il nemico ideologico. Consiste in un confronto, talvolta anche uno scontro, costruttivo. Certo, è un po' difficile se il ministro della Cultura tende la mano ai contestatori e si becca, come risposta, del «nazifascista». C'è un altro aspetto. Ridurre l'immagine dell'Italia a Paese in attesa della apocalisse fascista, più o meno felpata, serve solo a rinfocolare i luoghi comuni. Ne abbiamo ascoltati molti al Frankfurt Pavilion, dall'eterno fascismo alla scarsa istruzione del popolo. Le istituzioni passano, l'Italia resta. Con tutta la sua ricchezza. Abbiamo visto le radici nella piccola ma splendida mostra allo stand della Biblioteca nazionale centrale di Roma, a neanche dieci metri da dove Scurati, già che c'era, ha presentato il quarto volume di M.
Ultima riflessione: che senso ha dichiararsi intimiditi pur pubblicando con grandi editori, scrivendo per grandi giornali, con una visibilità enorme in tutte le manifestazioni, non solo italiane? No, questi non sono dissidenti e perseguitati, non sono i nuovi Pasolini, questi sono i privilegiati. Decenni di conformismo e di dominio, anche burocratico, della cultura di sinistra hanno disabituato (tutti) a un dibattito serio. È ora di cominciare. Un primo passo si poteva fare proprio a Francoforte, peccato.
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