Carichi di soldi e di attenzioni i nostri onorevoli dovrebbero sentirsi un po’ come dei semidei in un Parlamento che di fatto sta diventando sempre più il motore legislativo della nuova Europa. Metteteci anche il fatto che non ci si ammazza di lavoro: 120 giorni l’anno tra aula, commissioni e lavoro nei rispettivi gruppi più altri 35 di attività esterna (modo elegante per far riferimento alla cura dei propri collegi) non sono poi una faticaccia. Anche perché al tutto vanno aggiunte robuste vacanze: 2 mesi o poco meno d’estate, venti giorni a Natale, una settimana a febbraio, un’altra fra aprile e maggio, e un’altra ancora verso ottobre. Parecchia gente farebbe la fila per un lavoro di questo tipo.
Eppure i nostri rappresentanti risultano tra i maggiori assenteisti a Bruxelles. Già nel 1992, anno europeo per eccellenza visto che col trattato di Maastricht s’introdusse il mercato unico e si avviò la lunga marcia verso l’euro, si scoprì che ben 21 degli 81 eurodeputati italiani eletti non avevano mai neanche messo piede nei palazzi delle istituzioni comunitarie. E che dei 60 che si erano sottoposti al martirio, ben 11 non avevano mai presentato una interrogazione o una richiesta di chiarimenti o comunque un atto che ne garantisse presenza ed attenzione.
Il passare degli anni non ha modificato l’attitudine tutta italica al chiudere gli uffici e appendere il fatidico cartello del «Torno subito» caro ai portieri degli stabili di una cinquantina d’anni fa. A testimoniarlo due brevi indagini compiute personalmente nelle sedi dell’Europarlamento a un anno di distanza, qualche tempo fa. La prima analisi, del febbraio 2004, prendeva le mosse dal gran dibattito aperto nel nostro Paese in vista del rinnovo dell’Europarlamento, sull’adozione o meno della cosiddetta incompatibilità tra eletti nel parlamento nazionale e Strasburgo. (...) «È di qualche giorno fa infatti - continuavo a raccontare - l’emergere della nostra bruttissima pagella su un anomalo sito belga (www.europarliament.net). Anomalo perché non ufficiale ma davvero informatissimo e mai smentito dagli uffici comunitari nel calcolare le presenze degli addetti ai lavori». (...) «Esistono beninteso - continuava quell’articolo - delle eccezioni: l’azzurro Giacomo Santini, per esempio, tocca il 97,34% delle presenze e la diessina Pasqualina Napoletano il 93,21%. Ma accanto a queste prestazioni più o meno d’eccellenza ce ne sono altre davvero sconcertanti. Prendete Antonio Di Pietro, per esempio, e cioè colui il quale strilla ad ogni pie’ sospinto per il rispetto della legalità: lui che non ha impedimenti di sorta, non essendo parlamentare nazionale o sindaco, figura con un magrissimo 43,36% delle presenze. Ma perché si è fatto eleggere se segue meno della metà dei lavori parlamentari? Bertinotti, che ha il suo da fare da segretario del Prc, è riuscito ad esser più presente dell’ex-pm di Milano con un 53,21% che comunque, sia chiaro, è sempre poco. Per rimanere a dirigenti di forze politiche, anche Rutelli non si è fatto vedere granché: 47,14%. Cossutta è poco più su, ma sempre in retroguardia nella classifica complessiva: 61,07%. Mentre Mastella (40%) e Boselli (32,50%) evidentemente non nutrono troppo interesse per quanto si discute a livello comunitario. Vale allora la pena che si ripresentino?».
(...) «Nelle diverse commissioni poi la storia non cambia, anzi peggiora: di italiani quasi mai neanche l’ombra, mentre gli stranieri lavorano indefessi per acquistare vantaggi, conoscenze, commesse. La competitività la si acquisisce anche in questo modo. Il fatto è – cercavo di spiegare – che i nostri politici mandati in Europa anche con milioni di voti, non fanno che... pensare all’Italia. Esperienza e precedenti insegnano infatti che chi lavora molto tra Bruxelles e Strasburgo finisce fatalmente per non venire rieletto. Così in parecchi, se non proprio tutti, i facenti parte della squadra tricolore, effettuano al massimo toccate e fughe nelle eurocapitali, preferendo tornare nel proprio collegio e curarselo di persona».
(...) È vero altresì che il presenziare come soldatini a Bruxelles e a Strasburgo, ti fa uscire presto dalla memoria dei tuoi elettori. Proprio Giacomo Santini, esponente di Forza Italia che deteneva il record delle presenze, finì eletto a stento in un paio di consultazioni elettorali grazie a una serie notevole di rinunce di gente finita davanti a lui nel Nord-Est.
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