Ecco i politici che non potrebbero più ricandidarsi

Se anche per il Comune di Milano, come in Parlamento, fosse adottata dal Pdl la regola di un numero di presenze minimo alle sedute, solo un consigliere su quattro potrebbe ritornare a Palazzo Marino

Ecco i politici che 
non potrebbero 
più ricandidarsi

Promossi e bocciati. La pagella ai consiglieri comunali arriva a metà giugno come a scuola, sotto la lente chi corre in aula puntuale quando suona la campanella per premere il bottone e fare quello che ci si aspetta da un politico locale. Approvare mozioni, ordini del giorno, documenti che danno il via a progetti per la città. Come il Pgt, dove il numero legale mercoledì è mancato per la 24esima volta su 52. Ma quando scade il quarto anno del mandato di Letizia Moratti si scopre che dall’inizio della legislatura (il 23 giugno 2006) allo scorso 16 giugno c’è chi ha partecipato ad appena 653 voti su 2.527, il 25 per cento. L’ultimo della classe è il capogruppo della Lega Matteo Salvini, seguito a ruota da Giovanni Bozzetti (Pdl) presente al 30,9% delle votazioni, Giovanni Colombo (Pd) al 40,2% e il collega di partito Ettore Martinelli con il 41,7. La top ten degli assenteisti prosegue con Stefano Di Martino (Pdl) con il 46,3, la cognata del sindaco Milly Moratti (lista Milano Civica) sta recuperando con l’ostruzionismo al Piano di governo del territorio ma nei quattro anni ha schiacciato il bottone rosso il 47,7% delle volte, meno della metà, Davide Corritore (Pd) il 48,4 mentre Carlo Montalbetti (Milano Civica), Francesca Zajckyk (Pd) e Giovanni Pezzimenti (Pdl) hanno superato di poco il 49 per cento. Se gli altri partiti decideranno il da farsi, in casa Pdl aleggia la possibilità che anche nei Comuni venga applicata la regola nazionale. La mattina dello scorso 14 ottobre i deputati di Berlusconi hanno trovato nella buca delle lettere alla Camera una sorpresa, firmata dal capogruppo Fabrizio Cicchitto e dai suoi vice: «Coloro che non raggiungeranno l’80% delle votazioni non sarà ricandidato». E dopo gli ultimi scivoloni, quella minaccia è tornata di attualità a Roma ma non è escluso che sfondi i confini di Montecitorio. Se rimbalzasse a Palazzo Marino, a meno di una ripresa nell’ultimo scorcio di mandato, solo otto pidiellini sui 29 che siedono in consiglio conquisterebbero un posto nella lista. E tra questi almeno tre sono entrati da poco più di un anno e chissà se avrebbero tenuto lo stesso ritmo dal 2006. In una «botte di ferro» il presidente del consiglio Manfredi Palmeri, che dal 2006 ha votato 2.527 volte, il cento per cento. Subito dopo Fabio Luoni, entrato in squadra solo dallo scorso primo marzo e da allora ha votato il 98,6% dei documenti. «Blindati» Gianfranco Baldassarre (97,3%), Leone Talia (88,1%), Barbara Bianchi Bonomi (l’84,6% da quando è entrata il 16 marzo 2009), Marco Osnato (82,6%), Francesco Triscari (80,8%) e Renzo Di Biase (l’80,2% dal 16 marzo 2009). Ma quasi tre su quattro dei consiglieri Pdl rischierebbero il posto. Per un soffio il capogruppo Giulio Gallera (appena sotto la soglia con il 79,6%) o Armando Vagliati (79,3), in fondo alla classifica invece Giovanni Pezzimenti (49,8%), Stefano Di Martino (46,3) e Giovanni Bozzetti (30,9).
Va detto che nel 2011 i politici locali dovranno comunque affilare i coltelli. Intanto, nel 2006 An e Forza Italia si presentarono con due liste separate da 60 nomi ciascuna. Il prossimo anno con il taglio del 20% di consiglieri e assessori comunali e una lista unica, si passerà quindi da 120 a 48 candidati.

E non è escluso che qualche componente della Lista Moratti (oggi sono tre in aula, e due sfondano l’80% delle presenze) bussi alla porta del Pdl. Non cambia di molto la proporzione se si sommano gli altri partiti di maggioranza, Lega, Udc e Lista Moratti: tutti insieme sono solo 12 su 37 a superare l’asticella fissata a livello nazionale dal Pdl.

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