Oggi nella nostra rubrichetta farò un giochino per i miei quattro lettori. Ma attenzione: si tratta di un gioco serissimo. Come forse saprete, nei giorni scorsi è stata presentata l'edizione numero 70 della guida Michelin, il testo esoterico che ogni anno ridisegna il panorama gastronomico italiano, designando i «buoni» e i «cattivi» dell'alta cucina nostrana. Ma siccome sempre più spesso i giudizi misteriosi dei curatori della «rossa» sollevano polemiche, ho deciso di vedere quali sono i ristoranti lombardi più sottovalutato dalla Michelin. Come ho cartina di tornasole ho usato l'altra grande guida italiana, quella del Gambero Rosso: ebbene, ecco i sette locali lombardi con i punteggi più alti secondo i redattori della guida romana che non sono considerati degni di un «macaron» dai redattori della guida parigina.
Dina È forse il caso più clamoroso, questo ristorante di Gussago che ha in cucina il talento irregolare e cristallino di Alberto Gipponi. Il Gambero Rosso gli attribuisce 90 punti, ciò che lo inserisce nel ristretto novero delle Tre Forchette, e gli attribuisce «una visione di quella freschezza che è frutto di un continuo stupore, di una ricerca di linguaggi nuovi». La Michelin invece non gli dà alcun riconoscimento e si limita a definirlo «una delle tappe gastronomiche più interessanti della zona». Bene ma non benissimo.
Ilario Vinciguerra Altro ristorante di provincia eccellente per il Gambero e trascurabile per la Michelin quello dello chef campano a Gallarate. Nella prima guida prende 89 punti e si merita le lodi per la sua cucina «apparentemente semplice, mirata a un sapore sempre frutto di una memoria passata al filtro dell'esperienza». La Michelin invece se la cava così: «Chiunque si sentirà a proprio agio con la cucina moderna e mediterranea di Ilario».
Mistral Siamo a Bellagio, al Grand Hotel Villa Serbelloni, dove l'esperto Ettore Bocchia, padre della cucina molecolare italiana, continua a stupire con «materie prime di primissima qualità, esaltate e valorizzate al meglio grazie a una tecnica cristallina». Almeno secondo il Gambero, che gli dà 88. Per la Michelin è un posto come tanti e parla di «cucina moderatamente creativa». Viene il dubbio che non ci siano mai stati, gli ispettori francesi.
Bu:r Qui siamo allo psicodramma. L'ossessione negativa della Michelin per Eugenio Boer, talentuosissimo chef italo-olandese, si spiega solo con vecchie ruggini. Lui va avanti per la sua strada e per il Gambero il suo locale milanese merita 87 e tanti elogi per una «carta vibrante e fresca, stagionale e personale». La Michelin si spertica, parlando di «un'esperienza culinaria che lascia il segno!». Malgrado il punto esclamativo la stella non c'è.
Passalacqua È il rifugio sul lago di Como di Viviana Varese, che qui, nel secondo albergo più bello del mondo secondo Fifty Best guida una cucina che propone un «pensiero forte ma comprensibile», secondo il Gambero che le dà 87 punti. E la Michelin? La ignora del tutto, Moltrasio non sarà sui navigatori francesi.
Pellico 3 Ristorante milanese all'interno del Park Hyatt guidato da Guido Paternollo, una laurea in Ingegneria appesa al muro e una continua crescita. Per il Gambero vale 86 punti, per la Michelin appena tre righe.
Il Colmetto Ultimo dei sottovalutati questo locale a Rodegno Saiano, in Franciacorta, dove lo chef Riccardo
Scalvinoni trae il meglio dai prodotti dell'azienda agricola, Per il Gambero 86 punti e il premio per l'ottimo rapporto/qualità prezzo. Per la Michelin solo una stella verde per la sostenibilità. Si può dare di più, ragazzi.
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