Tre aziende su cinque chiedono prestiti in banca per riuscire a pagare le tasse. È uno degli ultimi risvolti della crisi finanziaria internazionale e della recessione economica, a cui si è aggiunto, nel nostro Paese, un pesante inasprimento della pressione fiscale che con il governo Monti è lievita ben oltre il 50%. L’Imu è in cima alla lista dei balzelli che hanno spinto gli imprenditori a rivolgersi agli istituti di credito.
Secondo un report del Centro studi Unimpresa, il 63% delle micro, piccole e medie imprese italiane è stato costretto a ricorrere a un finanziamento per onorare le scadenze fiscali. Il sondaggio condotto dagli analisti di Unimpresa prende in esame le 130mila imprese associate sulla base dei dati raccolti al 31 dicembre 2012. Sono gli operatori turistici (per gli alberghi), le piccole industrie (per i capannoni) e la grande distribuzione (per i supermercati) i settori maggiormente esposti con le banche a causa dei versamenti fiscali sugli immobili e, più in generale, per tutti gli adempimenti con l’Erario. Oltre 81.900 pmi associate a Unimpresa, dunque, hanno chiesto soldi alle banche, lo scorso anno, per rispettare le scadenze tributarie.
Tre, in particolare, i comparti dell’economia del Paese letteralmente "strozzati" dal tributo immobiliare voluto da Monti. Gli ostacoli maggiori sono stati riscontrati per le categorie che basano più di altre la loro attività imprenditoriale proprio sugli immobili. E dunque si tratta degli operatori turistici (con i proprietari di alberghi in cima alla classifica), delle piccole industrie e delle fabbriche (per i capannoni) e del comparto della grande distribuzione organizzata (per i cosiddetti supermercati). "Tutto ciò genera un triplo effetto negativo sui conti e sulle prospettive di crescita delle aziende - ha spiegato il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi - il primo è l’apertura di linee di credito destinate a coprire le imposizioni fiscali invece di nuovi investimenti, il che limita la natura stessa dell’attività di impresa. Il secondo problema sorge, poi, alla chiusura degli esercizi commerciali, quando il valore degli immobili posti a garanzia dei 'prestiti fiscali' va decurtato in proporzione al valore dell’ipoteca, con una consequenziale riduzione degli attivi di bilancio. Il terzo guaio è relativo a eventuali, altri finanziamenti per i quali l’impresa deve affrontare due ordini di problemi - ha concluso - meno garanzie da presentare in banca e un rating più alto che fa inevitabilmente impennare i tassi di interesse".
Oltre all’Imu, è l’Irap l’altra tassa che mette in difficoltà gli imprenditori italiani, tenuto conto che l’imposta regionale sulle attività produttive si paga anche quando i bilanci sono in perdite dunque in assenza di utili.
Quanto all’Imu, incrociando i risultati del sondaggio del Centro studi Unimpresa con i dati del dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia, secondo cui l’Imu 2012 relativa alle imprese è stata pari a 6,3 miliardi di euro, si può sostenere che per effettuare i versamenti sono stati contratti nuovi prestiti per quasi 4 miliardi di euro (3,96 miliardi di euro).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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