Arrivano le pensioni a rate? Cosa cambia sull'assegno

Sul dopo Quota 100 spunta anche l'ipotesi della "pensione a rate" formulata da Tridico: prima la parte contributiva, successivamente quella retributiva. Ecco come funziona

Arrivano le pensioni a rate? Cosa cambia sull'assegno

Mentre "Quota 100" si avvia verso l'inevitabile conclusione, si fanno ipotesi sui quali potranno essere i nuovi profili pensionistici dal 1° gennaio 2022: la discussione in Parlamento è sempre aperta, il ventaglio di opzioni è ampio ma si fa strada qualche certezza in più rispetto ai mesi precedenti.

Cos'è la "pensione a rate"

Tra le ipotesi, c'è anche quella formulata da Pasquale Tridico, presidente dell'Inps, per il quale i nuovi pensionati percepirebbero la somma dovuta "a rate" o "in due tempi": discussa nei giorni scorsi in commissione Lavoro della Camera, vale per i lavoratori con 63 o 64 anni e prevede il mix dellla pensione mista, accumulata al 50% con il sistema contributivo (si percepisce quanto si versa) e al 50% con quello retributivo (si percepisce la stessa somma degli ultimi stipendi). Potrà accedere a questo sistema chi avrà accumulato almeno 20 anni di contributi e la sua pensione dovrà essere almeno 1,2 volte superiore all'assegno sociale (620 euro). A quel punto potrà essere fatta richiesta di lasciare il mondo del lavoro.

Le pensioni per queste categorie di lavoratori sarebbero incassate in due step: subito la parte contributiva, quando si saranno compiuti i 67 anni quella retributiva. Il presidente dell'Inps stima che questa opzione interesserà almeno 200mila persone in tre anni di cui meno della metà saranno "quotisti" e un quinto riguarda i costi di "Quota 100": spesa complessiva 2,5 miliardi, nel 2022 saranno versati circa 453 milioni anche se la spesa è ancora fittizia, si tratta solamente di una stima.

Qual è il vincolo

Il rovescio della medaglia, come in tutti i casi, c'è: in attesa di percepire la pensione per intero, quella a rate potrà essere integrata soltanto in minima parte con un assegno da reddito da lavoro e non è cumulabile con misure quali il Reddito di cittadinanza, l'Ape sociale o altri sussidi statali. Insomma, prima di fare la scelta definitiva, occorrerà valutare quale sia la strategia migliore. "Mi sembra evidente che dal punto di vista dei lavoratori la scelta è se vivere con meno di 700 euro al mese per 3-4 anni, semmai integrando con un lavoretto, e poi allungare a 1.300 euro dai 67 anni.

Oppure proseguire a lavorare per avere ai 67 anni un assegno più alto di 100-150 euro", afferma Andrea Carbone, economista e fondatore di smileconomy (lab indipendente di consulenza finanziaria e previdenziale), a Repubblica. "Vista così, l'ipotesi Tridico sembra più attrattiva per chi è a rischio disoccupazione o per chi, per motivi personali o di salute, non desidera più lavorare".

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