Sorridono i conti di Jp Morgan e Wells Fargo. Così così Citigroup, che comunque riesce a limitare i danni chiudendo con un risultato migliore delle attese. Questo è il quadro per tre delle più grande banche Usa, tra i primi nomi di peso delle trimestrali estive d'Oltreoceano. Il mercato attendeva con sguardo interessato a questi conti, dopo che in primavera il sistema bancario americano aveva conosciuto un periodo di crisi sotto il peso dei rialzi sui tassi della Federal Reserve e del crollo di banche di medie dimensioni come Silicon Valley Bank, Signature Bank e First Republic.
Scendendo nel dettaglio, la più tonica è stata Jp Morgan che nel secondo trimestre dell'anno ha riportato utili per 14,5 miliardi di dollari o 4,75 dollari ad azione, ben al di sopra dei 3,97 dollari attesi dal consensus e dei 2,76 dollari di un anno fa. Al netto di alcune voci straordinarie, gli utili netti sono stati pari a 13,3 miliardi o 4,37 dollari ad azione. Bene anche i ricavi a 41,3 miliardi, anch'essi sopra le attese degli analisti. I conti dell'istituo guidato da Jamie Dimon hanno beneficiato anche delle operazioni di salvataggio di First Republic Bank e Signature Bank. Esclusa la prima, gli utili migliorano del 40%, mentre l'acquisizione di Signature Bank ha comportato un accantonamento di 1,2 miliardi di dollari nel trimestre, ma ha generato un guadagno di 2,7 miliardi di dollari per la divisione corporate e investment banking.
Spinge i profitti anche Wells Fargo, il quarto istituto statunitense, che ha visto l'utile netto balzare del 57% nel secondo trimestre, sostenuto dall'aumento dei tassi d'interesse. L'utile per azione di 1,25 dollari contro la stima media degli analisti di 1,16 dollari per azione. Il fatturato è arrivato a 20,53 miliardi, contro i 20,1 previsti.
Utili in forte calo per Citigroup, invece, che nel secondo trimestre sono scesi del 36% a 2,92 miliardi di dollari o 1,33 per azione. I ricavi sono scesi dell'1% a 19,44 miliardi di dollari, ma si sono mantenuti al di sopra delle aspettative degli analisti a 19,34 miliardi di dollari.
Insomma, le grandi banche americane sono in un buono stato di salute. L'S&P 500 viaggia positivo in apertura dopo i dati (+0,18%), così come il Nasdaq (+0,39%).
C'è tuttavia un velo di preoccupazione per le nuove strette della Federal Reserve, con l'istituto guidato da Jerome Powell che aveva preso una breve pausa dopo gli stress bancari. Christopher Waller, alto funzionario della Federal Reserve americana, ieri ha sostenuto che vi sia spazio per altri due aumenti dei tassi da qui a fine anno per continuare a contrastare l'inflazione. Nonostante l'inflazione americana, a giugno, sia scesa al 3% ai livelli più bassi dal 2021, la banca centrale pensa ad altre strette: «Non vedo alcun motivo per cui il primo di questi due aumenti non dovrebbe avvenire durante il nostro incontro alla fine di questo mese», ha detto Waller.
Ieri, intanto, la schiera dei falchi della Fed ha perso un elemento: James Bullard, infatti, ha lasciato la presidenza
della Fed di St. Louis per diventare rettore della business school della Purdue University. Negli ultimi due anni, Bullard è stato uno dei maggiori sostenitori di una stretta monetaria aggressiva per combattere l'inflazione.
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