Nella biografia del compianto Leonardo Del Vecchio, imprenditore di grande successo e fama mondiale, (scritta per Sperling & Kupfer da Tommaso Ebhardt) viene raccontato un episodio che ha richiamato la mia attenzione. Nella prima fase della sua vicenda imprenditoriale (1969, aveva vent'anni), Del Vecchio incontrò diverse difficoltà al punto che non era da escludere la possibilità di un fallimento. Allora chiese un fido alla banca locale che il funzionario ritenne opportuno negargli.
Colui che diverrà un capitano d'impresa, leader nel settore dell'occhialeria, bussò alla porta di un altro istituto di credito del territorio: la Cassa di Risparmio di Belluno. Qui Del Vecchio trovò ascolto. Venne compresa l'esigenza della richiesta di un prestito. E così gli fu accordato un flusso di denaro fresco. Il che gli permise di assolvere regolarmente all'impegno con i creditori e al pagamento degli stipendi alle maestranze. Quello divenne il segnale della ripartenza. Perché, al di là della crisi momentanea, l'idea di fondo era interessante e le possibilità di sviluppo notevoli. I fatti lo hanno poi confermato. La sua Luxottica è stata ed è tuttora, con le dovute svolte evolutive, uno dei simboli del made in Italy. Un'eccellenza che non teme la competitività internazionale. Questo episodio dice bene del ruolo che deve avere una banca e in modo particolare una realtà del credito che ha a cuore la crescita delle imprese del proprio territorio.
Il dialogo di quel direttore della banca con il giovane Del Vecchio e non la fredda analisi del dato numerico e magari della sentenza che oggi appartiene agli algoritmi, ha permesso di evitare il fallimento ad un'azienda che aveva le gambe per correre.
È legittimo allora domandarsi se nella complessità di questo presente, davanti alle difficoltà delle imprese, soprattutto delle pmi, vi siano banche territoriali attente e responsabili nel sostenerle. La questione è decisiva. Rimane un bisogno strategico. Un'indispensabile attenzione all'economia reale vero pilastro del Sistema Paese.
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