Bcc, il governo accelera la riforma

Entro gennaio l'autoriforma del sistema. Si dibatte se adottare il modello Credit Agricole o la holding unica

Gian Maria De Francesco«La politica deve fare molto anche nel 2016, a partire dalle Bcc e dalla riforma del diritto fallimentare». Il premier Matteo Renzi, presenziando al debutto a Piazza Affari di Ferrari, ha stilato una particolarissima agenda finanziaria del governo per l'anno appena cominciato. Uno dei dossier da portare a compimento entro gennaio è proprio l'autoriforma delle banche di credito cooperativo.Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, e il numero uno di Confcooperative, Maurizio Gardini, hanno già da tempo trovato un'intesa che consenta al credito cooperativo di mantenere una propria autonomia gestionale seppur sotto l'ombrello di una holding unica. Ma quando è Palazzo Chigi a dover scrivere l'ultima parola i condizionali sono d'obbligo. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e i suoi più stretti collaboratori hanno spesso fatto riferimento al «modello Crédit Agricole», l'istituto francese che ha trasformato il credito cooperativo transalpino, concentrando la gestione in una struttura centralizzata e rendendo le singole realtà locali poco più che filiali della casa madre parigina. La bozza di decreto al vaglio dell'esecutivo, invece, prevede sì la holding unica, ma lasciando ampi margini di discrezionalità a livello territoriale, soprattutto per quelle realtà più grandi come possono considerarsi le Casse del Trentino o la Bcc di Roma che è una realtà paragonabile con istituti di media dimensione (12 miliardi di attivo e oltre 200 sportelli). Pare definitivamente tramontata, invece, l'ipotesi di costituire tre-quattro subholding locali per consentire il mantenimento dello status quo che a Federcasse (l'associazione di categoria) non sarebbe dispiaciuto.Un altro tema di dibattito tra Bcc e governo è rappresentato dal Fondo di garanzia istituzionale, l'omologo cooperativo del Fondo interbancario di tutela dei depositi, alimentato con le risorse delle singole banche locali. L'Unione europea spinge per portare anche le Bcc nel calderone del Fondo unico di risoluzione, mentre il decreto prevede un regime transitorio fino al 2018. Occorre ricordare che proprio con il Fondo di garanzia, alla fine di dicembre, il mondo delle banche cooperative ha salvato cinque istituti in difficoltà (tra i quali Banca Padovana, Banca di Cascina e Cassa rurale di Folgaria) senza ricorso al bail in e, quindi, senza traumi per azionisti, obbligazionisti e depositanti, a differenza di quanto accaduto per Banca Etruria e Banca Marche. Il premier Matteo Renzi, ovviamente, ha in mano il pallino e da lui dipendono le sorti di un sistema di 368 istituti e 200 miliardi di raccolta.

Non è un caso che il primo gennaio, data di avvio del nuovo regime di risoluzione delle crisi, le Bcc abbiano voluto ricordare che il Core Tier 1 del sistema è superiore al 16%, ben al di sopra dei requisiti minimi di patrimonializzazione.

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