Perché un terzo dei risparmi sul conto corrente è stato bruciato

La crescita dei prezzi mai così alta dai tempi della crisi del 2008. Le famiglia rischiano di veder bruciare miliardi a causa dell'inflazione

Perché un terzo dei risparmi sul conto corrente è stato bruciato

Galoppa l'inflazione, a ritmi che non si vedevano da un quindicennio, ovvero dall'esplosione della crisi globale del 2008. Da allora, l'andamento dei tassi di crescita dei prezzi si sono stabilizzati su medie inferiori all'1% annuo, scendendo addirittura sotto lo 0 nel 2016 (-0,1%) e nel 2020 (-0,2%).

Se nell'anno della pandemia è stato registrato il picco negativo, l'erosione dei prezzi è scoppiata di nuovo nel 2021, complice la ripresa economica globale post-pandemica. In Italia, l'indice dei prezzi al consumo pubblicato a fine novembre ha registrato un aumento annuo dell'inflazione del 3,8%. Numeri che non si vedevano dal 2008, appunto. E che sono comunque inferiori a quelli registrati nell'eurozona e negli Stati Uniti. I paesi dell'euro hanno riportato un balzo al 4,9% - mai così alto dai primi anni Novanta - e a Washington addirittura si sfiora il 7% dopo più di quarant'anni. Così, dopo le rassicurazioni iniziali sia della Federal Reserve sia della Banca centrale europea sulla natura transitoria del fenomeno inflazionistico, oggi è difficile negare che con l'aumento dei prezzi ci sarà da convivere a lungo.

Famiglie e risparmiatori dovranno dunque imparare a farci i conti. Perché le riserve liquide degli italiani, stando ai dati forniti dalla Banca d'Italia, superano i 1.800 miliardi di euro, cui vanno aggiunti gli oltre 500 depositati sui conti delle imprese. Una somma enorme, superiore di qualche decina di miliardi al prodotto interno lordo italiano. Le imprese, per loro fortuna, hanno gli strumenti tecnici per affrontare il momento e ridurre la perdita di potere d'acquisto delle riserve liquide. Chi rischia davvero di vedere intaccati i propri risparmi sono le famiglie. Se, ad esempio, l'andamento inflazionistico rimanesse costante al 3%, nel solo 2022 verrebbero bruciati 55 miliardi di risparmi.

Il rischio, però, è che l'allarme sui prezzi non rientri. In quel caso, le previsioni sono ancora più fosche. Un'inflazione ferma a questi livelli per un decennio comporterebbe una perdita del valora d'acquisto del capitale libero al 28,5%. Cinque volte la percentuale ipotizzata sulla base dei tassi di crescita dei prezzi del 2019, l'ultimo anno prima che la pandemia sconvolgesse il pianeta. La mancanza di alternative di investimento a rischio contenuto non fa che peggiorare lo scenario. I conti correnti non fruttano interessi, e i Bot continuano ad avere tassi di interesse negativi. I conti correnti di deposito tamponano la perdita, ma solo dell'1-1,5%.

L'unico modo per scampare a questa vera e propria "tassa occulta" è investire in attività a rischio maggiore. Altrimenti non resta che sperare nella capacità delle banche centrali di riportare l'inflazione su un valore medio nel lungo periodo del 2%.

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