
Nessuna marcia indietro. L'ad di Unicredit, Andrea Orcel, mantiene aperta la porta per un possibile rilancio su Banco Bpm. «Se saremo convinti che c'è più valore non abbiamo mai escluso di poter rilanciare», ha tagliato corto il banchiere romano nel suo intervento alla Morgan Stanley European Financials Conference 2025. Il numero uno di Unicredit, che si aspetta entro questo mese gli ultimi via libera all'Ops, non manca di inserire una nota polemica sul fatto che da quando l'operazione è stata annunciata «quello che è successo è uno sviluppo negativo, non positivo», alludendo alle modifiche alle condizioni dell'Opa di Bpm su Anima che andrà avanti anche in caso di mancato ok della Bce all'utilizzo del Danish Compromise. Un dettaglio non da poco visto che con lo sconto danese l'operazione Anima «ha un ritorno sull'investimento di oltre il 15%, mentre senza scende all'11% e consuma miliardi di capitale», ha spiegato il ceo di Unicredit.
Intanto ieri a Lodi è andata in scena una nuova puntata del road show che i vertici di Banco Bpm hanno avviato presso le principali filiali regionali per spiegare soprattutto ai soci-imprese (ovviamente clienti) le ragioni della resistenza all'assalto di Unicredit. Era già accaduto a Novara, ma anche a Lodi si è levato un grido pressochè unanime: «Il Banco non è in vendita, l'integrazione con Unicredit non è un'opzione». Una folla nutrita di piccoli e medi soci-imprenditori (l'auditorium dell'ex Popolare di Lodi ha registrato il tutto esaurito) ha ascoltato le ragioni dell'ad Giuseppe Castagna, e poi non ha avuto più dubbi. «Siamo molto preoccupati», dice Lino Lomi, fondatore e presidente di Energreen, una delle società a maggior tasso di crescita nel settore delle energie rinnovali e del facility management. «Non possiamo assolutamente essere a favore di un assalto che rischia sia di snaturare Banco Bpm sia di perdere un attore chiave per tutte le aziende del nostro territorio. Deve quindi continuare a crescere in maniera indipendente. E lo deve fare nel ruolo di predatore, non di preda», aggiuge Lomi, il primo a chiedere il microfono. Di uguale avviso Francesco Pacchiarini, presidente di Confagricoltura Milano-Lodi-Monza. «L'integrazione, così come è prospettata, non può essere una possibilità. Manderebbe in tilt un sistema territoriale integrato e altamente connesso che finirebbe per mettere in difficoltà gli imprenditori del nostro territorio». Sulla scalata di Unicredit è chiaro anche il punto di vista delle istituzioni del territorio che hanno preso parte al road show. «Il Banco ha un ruolo essenziale nei confronti delle nostre pmi», ha dichiarato Fabrizio Santantonio, presidente della provincia di Lodi. «La sua presenza ha un valore strategico non solo finanziario, ma anche culturale e sociale, come dimostra l'impatto occupazionale e gli investimenti realizzati nel corso degli anni». Il timore, ha aggiunto, è di «perdere un interlocutore diretto per le nostre amministrazioni». Anche il sindaco di Lodi, Andrea Furegato, ha espresso perplessità, sottolineando come «Bpm rappresenti una risorsa fondamentale per il nostro tessuto economico. Il rischio di un ridimensionamento della sua presenza avrebbe effetti negativi sulle imprese locali e sull'occupazione. È necessario che ogni decisione venga presa tenendo conto del bene della comunità». Missione che da sempre è stata il fulcro dell'attività della Fondazione Popolare di Lodi. E che ora rischia di andare in fumo. «Unicredit non ha un modello simile. La fusione, quindi, potrebbe dare un colpo mortale a Fondazioni bancarie come la nostra», ha rivelato il presidente Duccio Castellotti.
Un allarme concreto che comporterebbe un duro colpo per tutto il territorio. «In questi 18 anni ha ricordato Castellotti - la Fondazione vi ha destinato 20 milioni, sostenendo iniziative culturali, sociali e di sviluppo locale».
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