Acciai Speciali Terni, una delle aziende siderurgiche italiane più antiche e più importanti, è in vendita. Il gruppo ThyssenKrupp, che la possiede al 100%, ha deciso di «mettere ordine» in un conglomerato attivo nei settori più diversi, dagli ascensori ai sottomarini. Nel piano messo a punto dalla nuova ad della controllante, Martina Merz, proprio gli ascensori sono stati i primi a essere ceduti: acquirenti, due fondi, uno americano e uno inglese, che hanno sborsato la bella cifra di 17,2 miliardi di euro. Ora, tra le altre dismissioni in programma, c'è AST, azienda che nel 2019 ha fatturato poco più di 1,6 miliardi, con il 40% di export, 2.400 dipendenti, risultato in pareggio (in un mercato già depresso: l'anno prima l'utile netto era stato di 98 milioni). L'esercizio in corso, che chiuderà il 30 settembre, «risentirà, come per tutti, dell'emergenza Covid», dice l'amministratore delegato della società italiana, Massimiliano Burelli.
Come sta procedendo l'iter per la cessione?
«Se un'azienda sana cambia proprietà dopo 25 anni non è un fatto negativo. In questa fase che precede la procedura ufficiale di vendita, riscontriamo già una forte attenzione, con quattro manifestazioni d'interesse: due italiane, Marcegaglia e Arvedi, due straniere che hanno chiesto l'anonimato, mentre sappiamo che si stanno organizzando ulteriori due cordate. Siamo in vendita ma non in crisi, questo ci tengo a sottolinearlo, niente a che vedere con casi come Piombino o Taranto».
Il mercato però è difficile...
«Sì, non lo si può negare. Nel suo complesso registra una contrazione del 42%, ma noi, va detto, abbiamo un calo di volumi del 30%».
Che tempi prevede per la vendita?
«Direi che grosso modo entro l'anno potrà partire la procedura. Per il perfezionamento della cessione occorreranno altri 9-12 mesi».
Proseguite nella revisione della struttura dei costi?
«Sì, certo, come da programma; anzi, stiamo accelerando su molte iniziative di efficientamento e ci tratteniamo da spese non necessarie. Sono quattro anni che proseguiamo su questa via di miglioramento. Anche se essere in vendita non significa non investire: l'azienda deve essere appetibile e i conti del 2019 in pareggio dimostrano che lo è».
Le vicende legate all'Ilva vi penalizzano in qualche modo?
«Non direi. Noi fabbrichiamo laminati in acciaio inox, che è il top di gamma; loro producono acciaio al carbonio: abbiamo prodotti e clientela diversi, non entriamo in concorrenza».
È vero che l'industria cinese si sta riprendendo?
«Sì, lo si riscontra da un aumento di volumi. La Cina pre-Covid valeva da sola 800 milioni di tonnellate all'anno, la metà della produzione mondiale. La sua ripresa si rifletterà anche sull'export, e questo noi europei lo guardiamo con preoccupazione, perché l'eccesso di offerta asiatica negli anni scorsi ha fatto crollare i prezzi».
AST lo scorso anno ha annunciato un investimento importante in campo ecologico per il recupero delle scorie che accompagnano la produzione dell'acciaio. Materiali inerti da indirizzare al mondo dell'edilizia, in alternativa all'uso delle ghiaie.
A che punto siete con questo progetto?«Stiamo andando avanti e, al netto del lock-down, siamo in linea con i tempi. In collaborazione con la finlandese Tapojärvi avremo il nuovo prodotto nella primavera del 2021».
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