Rallenta, nel secondo semestre dell'anno, l'industria calzaturiera italiana perché l'export aumenta in valore, ma cala la produzione e i consumi interni restano deboli. Scenario di fine anno delineato dall'indagine a campione condotta dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici, che evidenziano per i primi 9 mesi un calo in volume della produzione nazionale del -2,4%, con un -5% nella terza frazione dell’anno. Un quadro poco brillante, in cui il mercato interno non dà segni di ripresa e con un indebolimento della domanda estera, soprattutto in volume.
È l’export che continua a trainare a trainare il calzaturiero made in Italy. Secondo l'Istat, nei primi 8 mesi 2018 le esportazioni nazionalisono cresciute del 3,7% in valore rispetto all’analogo periodo del 2017. Tra gennaio e agosto sono stati venduti all’estero 143,6 milioni di paia di calzature (in calo del -3,1%) ma con un valore di poco inferiore ai 6,5miliardi di euro: un record assoluto per il periodo considerato e un contributo notevole al saldo commerciale settoriale che, pur in lieve flessione, nei primi 8 mesi vale 2,9miliardi di euro.
“Numeri che ribadiscono l’eccellenza della manifattura italiana sull’alto di gamma - afferma Annarita Pilotti, presidente di Assocalzaturifici -. Se da un lato aumentadel 2,7% l’export in valore verso i paesi dell’Ue (dove sono destinate 7 scarpe su 10 della nostra produzione), dall’altro le vendite extra-UE sono ancora più soddisfacenti e registrano incrementi del 4,7% in valore e del 3,6% in quantità, grazie soprattutto alle esportazioni verso la Cina, che segnanoincrementi superiori al 20% sia in volume che in valore. Non mancano però le difficoltà su diversi mercati di sbocco”.
Benché cresca in valore, l’Unione Europea registra una flessione del 6% in quantità: tiene la Germania, che si conferma il primo mercato di riferimento in termini di volume (+0,2%, con +2,4% in valore); calano Francia, Spagna e Paesi Bassi (rispettivamente dell’8,7%, del 9,8% e del 13,9% in quantità) e si registra un leggero arretramento per il Regno Unito (-1,1%, ma con un +5,8% in valore).
Fuori dai confini comunitari, +15% in volume la Svizzera; fa inoltre ben sperare il Far East (+3,6% nell’insieme), grazie soprattutto alle performance della Cina (che cresce di oltre il 20%) e della Corea del Sud (+11%), che compensano i trend negativi di Hong Kong e Giappone (rispettivamente -7% e -3,9%).
Bene anche l’America Settentrionale: gli Usa evidenziano una crescita del 4,5% in volume e il Canada, grazie anche all’entrata in vigore provvisoria del Ceta, fa registrare un balzo del 23,4%, a dimostrazione che i trattati di libero scambio funzionano in maniera efficace per l’industria leggera italiana.
Non mancano però le preoccupazioni per il nuovo arretramento della Russia: dopo l’iniziale recupero del 2017, nei primi 8 mesi 2018 mostra un -11,3% in volume, con un ulteriore peggioramento rispetto al primo semestre dell’anno, che già segnavaun -9,6%. “I livelli attuali di quest’area purtroppo restano al di sotto di quasi il 50% in valore rispetto allo stesso periodo 2013 pre-crisi – ribadisce la presidente Pilotti – e questo spiega le forti difficoltà che devono affrontare le aziende dei distretti da sempre votati a questo mercato e, più in generale, all’area Csi". Non riparte anche il Medio Oriente (-7,6% in volume nell’insieme), dove gli Emirati stentano ancora (-1,5%) e si distingue in negativo l’Arabia Saudita, che fa registrare un -14,7%.
Debolissima invece la dinamica dei consumi delle famiglie italiane, che nei primi nove mesi del 2018 segnano un -0,8% in quantità
e un -0,9% in spesa e dove resta alta l’attenzione al fattore prezzo (-0,1%). Unico comparto in crescita quello delle “calzature sportive e sneakers”, che evidenzia un incremento in volume del 3,6% e dell’1,5% in valore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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