Venerdi nero per la Borsa. La manifattura cinese crolla ai minimi degli ultimi sei anni e trascina al ribasso non solo i listini asiatici ma anche quelli europei e Wall Street, sui timori per un rallentamento globale dell’economia. Così, mentre il greggio è ormai a un passo dal rompere quota 40 dollari al barile (il Wti) e l’euro guadagna ulteriormente sul dollaro, le Borse europee vivono un venerdì nero (bruciati 260 miliardi di euro) con Madrid che perde quasi il 3%, Milano il 2,83%, Francoforte il 2,95%, Parigi il 3,19% e Londra il 2,83%. A Piazza Affari, l’aumento dello spread Btp-Bund manda in profondo rosso tutto il comparto bancario, l’indice Ftse Mib cede il 2,83%. La Borsa di Hong Kong chiude in ribasso per il sesto giorno consecutivo sulla scia del capitombolo delle Borse del continente cinese (lo Shanghai Composite index ha ceduto oltre il 4%) e dei mercati globali.
Ma cosa sta succedendo in Cina? Le autorità di Pechino sono fermamente impegnate a difendere la linea dei 3500 punti (un mese fa era a 5100 punti), per evitare che il crollo delle quotazioni trascini ancora più in basso il mercato. Ormai è chiara una cosa: i problemi non sono più solo finanziari ma investono anche l'economia reale. L'ultima flessione della Borsa, infatti, è dipesa proprio dalla crisi delle piccole e medie imprese manifatturiere, con il dato di luglio che è sceso a 47,1 punti, il più basso degli ultimi sei anni e mezzo.
Nonostante gli enormi sforzi del governo e i miliardi impiegati per salvare il salvabile, i risultati non sono quelli sperati. E la fiducia dei mercati internazionali ormai è scesa drasticamente, al punto che molti investitori stranieri stanno facendo rientrare dalla Cina i propri fondi. La forte svalutazione dello yuan riduce i profitti nella valuta locale e, come sottolinea il Sole24Ore, quando la Fed rialzerà i tassi d'interesse, il debito americano (più sicuro di quello cinese), tornerà ad essere maggiormente attraente.
E i problemi non sono solo questi: le manovre di Pechino sulla propria moneta rischiano di far scoppiare una guerra valutaria nella zona, visto e considerato che tutti i paesi della zona dipendono in larga parte dall'export.
Le imprese occidentali cosa rischiano? Le più penalizzate sono le aziende del lusso. Ma c'è meno richiesta anche per i beni indifferenziati (metalli, energetici, agricoli, coloniali e carni), con i prezzi in calo continuo.
Le conseguenze, nel lungo termine, potrebbero essere pesanti per le imprese occidentali attive nella produzione e trasformazione delle materie prime, ma anche per chi produce macchinari. Ovviamente ci sono anche le ripercussioni sui mercati finanziari, non meno importanti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.