La Cina cresce del 4,8% ma target in bilico a causa dei lockdown

A marzo Pil oltre le attese, ora spaventa il caso Shanghai. Deboli le vendite al dettaglio

La Cina cresce del 4,8% ma target in bilico a causa dei lockdown

Il Dragone ha corso più delle attese da gennaio a marzo: +4,8% annuo il Pil cinese e dell'1,3% su base congiunturale, ma le draconiane misure messe in campo da Pechino per arginare la pandemia, sommate alle conseguenze della guerra russa in Ucraina, rischiano di bloccare tutto. La spia di allarme si è accesa ieri sul pannello di controllo del Paese asiatico: il funzionamento dell'economia «è stato generalmente stabile», ma i «frequenti focolai» di Covid e uno «scenario internazionale sempre più grave e complesso», cioà la guerra, hanno creato ulteriori tensioni sull'evoluzione dell'intero anno, ha ammesso il Paese asiatico.

Insomma, il lusinghiero +4,8% inanellato dall'economia cinese nel primo trimestre - una crescita superiore sia al +4% di fine 2021 sia al +4,4% atteso dagli analisti, rischia di essere una foto sbiadita per un Paese che gioca il ruolo di «fabbrica del mondo». Come lasciano presagire anche gli scricchioli provenienti dalle vendite al dettaglio (-3,5% a marzo contro il -1,6% atteso, primo calo da luglio 2020, per un magro +3,3% nei primi tre mesi).

Una problema in più per il presidente Xi Jinping, che ha riaffermato la politica zero-Covid, malgrado i costi crescenti e i lockdown nelle città più importanti del Paese. La stessa produzione industriale è salita del 5% (contro il 4,5% atteso), ma ha scontato il calo del manifatturiero e ha chiuso il trimestre a +6,5%, tenendo a malapena il passo con un Pil, trainato da investimenti ed export. A preoccupare, come detto, sono le conseguenze dei diffusi lockdown; a cui si aggiungono le difficoltà accusate sia dal settore immobiliare (che valeva circa un terzo del Pil) dopo la crisi Evergrande sia di hi-tech e Internet.

A inizio marzo, malgrado il conflitto Mosca-Kiev fosse già in corso, il Dragone aveva ammesso che quest'anno non sarebbe riuscito a spingere la crescita oltre il 5,5%, il livello più basso in 30 anni. Ma potrebbe andare decisamente peggio: il primo trimestre non include infatti del tutto l'effetto Shanghai, il principale hub finanziario, che a fine marzo ha vissuto il lockdown più grave della Cina dall'emergenza del coronavirus di Wuhan di inizio 2020, tra pesanti polemiche per la gestione della crisi e casi di Covid - accertati e asintomatici - attualmente stabili sopra quota 20mila al giorno.

Non per nulla la scorsa settimana Nomura ha stimato che 45 città, responsabili del 40% del Pil cinese, erano in blocco completo o parziale, limitando la circolazione a 370 milioni di persone. Con la inevitabile conseguenza - hanno scritto gli analisti - che il gigante asiatico «è a rischio di recessione».

Una frana, quella della Grande Muraglia, che ricadrebbe sull'economia del Pianeta: sempre ieri la Banca Mondiale ha peraltro già tagliato la crescita globale al 3,2% (contro il 4,1% finora previsto) e il Fondo monetario internazionale ha stimato che l'esplosione dell'indebitamento peggiorerà la situazione.

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