Soldi a partite Iva e aziende? Perché non arrivano sul conto

I soldi promessi dal governo spesso faticano ad arrivare a destinazione. Colpa dei soliti intoppi burocratici

Soldi a partite Iva e aziende? Perché non arrivano sul conto

Il piano economico anti coronavirus preparato dal governo per aiutare lavoratori e imprese si è inceppato proprio nel momento in cui avrebbe dovuto portare gli effetti sperati.

La ''potenza di fuoco da 400 miliardi di euro'' promessa dall'esecutivo per dare ossigeno alle aziende mediante prestiti garantiti dallo Stato si è fin qui rivelata meno efficace del previsto. Già, perché gli effetti promessi ancora non si vedono e il tempo stringe.

Come sottolinea Il Corriere della Sera, le domande presentate al Fondo di garanzia ammontano a 22.480. Una parte di queste, precisamente 5.200, si riferiscono a finanziamenti fino a 25mila euro, i famosi ''25mila euro garantiti al 100% dallo Stato''. Altre 8.081 sono operazioni di garanzia diretta con copertura all'80%; 4.399 hanno una copertura al 90%; 898 sono infine operazioni di rinegoziazione, con copertura che sale dall'80% al 90%.

I nodi da sciogliere

I numeri iniziano a farsi consistenti e aumenteranno velocemente con il passare dei giorni. Il problema è che la risposta alle richieste non è altrettanto veloce, e questo avviene a causa di varie motivazioni. Partiamo dalle basi: i fondi promessi per coprire gli istituti bancari in caso di mancato pagamento non ci sono tutti. Con il prossimo decreto saranno aggiunti 34 miliardi.

Andando avanti nella disamina, Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato, ha chiesto un correttivo al governo. Quale? Di alzare la soglia da 25 a 50mila euro per quello che riguarda i piccoli prestiti. Certo, al netto di criticità non da poco, i prestiti fino a 25mila euro sono quelli che hanno funzionato meglio. Anche se, bisogna dirlo, sono state attuate due correzioni ''in corsa''. La prima: per richiedere i denari basta l'autocertificazione (con le banche non responsabili in caso di documenti falsi o dati mendaci). La seconda: le banche non devono conteggiare nei 25mila euro l'eventuale fido concesso in passato alla stessa azienda.

C'è poi da analizzare tutto il lato burocratico. Lo ha spiegato anche il vice presidente di Unimpresa, Salvo Politino: ''In banca abbiamo toccato con mano la presenza di trucchi e intoppi che rendono non di rado impossibile accedere alle forme di liquidità decise dal governo''. Ogni istituto bancario, pur applicando il decreto, ha applicato il proprio tasso di interesse, il quale non può sfondare il tetto del 2%.

Il meccanismo del prestito è abbastanza complicato a causa di un doppio canale che non sembra funzionare alla perfezione. Lo Stato garantisce fino al 90%; il restante 10% può essere messo dai confidi. Al fine di evitare di presentare le stesse, identiche pratiche due volte, Assoconfidi ha proposto che la garanzia al 100% sia concessa direttamente dai confidi, i quali potrebbero poi riassicurarsi al 90% con Sace.

Capitolo lavoratori. Anche qui i nodi da sciogliere non mancano.

Sono 11 milioni le persone che hanno chiesto un sostegno; solo 7,5 milioni l'hanno ottenuto. Mentre la cassa integrazione in deroga deve fare i conti con i tempi burocratici, non proprio snelli, per quanto riguarda il bonus da 600 euro ci sono ancora quasi 900mila domande in attesa di essere valutate.

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